La diaspora nazionalista ucraina negli USA: come Washington ha “resuscitato” l’estrema destra in Ucraina
Dopo che l’Ucraina ha raggiunto l’indipendenza, la diaspora ucraina in America ha contribuito in maniera determinante ad imporre una lettura nazionalista della storia e dell’identità del nuovo stato.
Nel 1998, una serie di documenti ufficiali della CIA vennero declassificati in base al Nazi War Crimes Disclosure Act. Essi rivelarono gli stretti rapporti fra l’agenzia di intelligence americana e diversi criminali di guerra e collaborazionisti nazisti in Ucraina nelle fasi finali della seconda guerra mondiale e durante la Guerra Fredda.
Migliaia di documenti descrivono come la CIA armò, finanziò ed impiegò questi nazionalisti ucraini in campagne di propaganda anticomunista, in azioni di guerriglia, e per compiere atti di terrorismo contro l’Unione Sovietica negli anni della Guerra Fredda (ne ho parlato diffusamente in un articolo di cui suggerisco la lettura a chi volesse approfondire, perché “propedeutico” al presente pezzo).
I rapporti fra gli USA e il nazionalismo ucraino, radicatosi alla fine degli anni ’20 nella Galizia orientale (allora parte integrante della Polonia), addirittura precedono la seconda guerra mondiale, essendo legati alla diaspora ucraina che andava consolidandosi in territorio americano.
I crimini dei collaborazionisti ucraini
Nel dopoguerra, la CIA cooperò con collaborazionisti nazisti ucraini come Stepan Bandera, il suo vice Yaroslav Stetsko, e Mykola Lebed, i principali leader dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN, l’acronimo in lingua ucraina), macchiatisi di crimini e massacri ai danni di ebrei, polacchi ed altre minoranze.
Bandera e i suoi collaboratori, al pari dei nazisti, erano ossessionati dall’idea che gli ebrei in Ucraina fossero agenti del comunismo e dell’imperialismo stalinista, e come tali dovessero essere annientati. Egli tuttavia all’inizio degli anni ’30 veicolò la violenza dell’OUN in attentati e omicidi ai danni dei polacchi, sotto la cui giurisdizione si trovava ancora la Galizia orientale.
I miliziani dell’OUN e del suo braccio armato (l’Esercito ribelle ucraino, UPA secondo l’acronimo ucraino) uccisero decine di migliaia di ebrei e di polacchi, ma anche oppositori ucraini e sovietici, durante la seconda guerra mondiale.
Durante il conflitto, in Ucraina circa 1,6 milioni di ebrei furono uccisi dai nazisti tedeschi e dai collaborazionisti ucraini. Quando infine i sovietici entrarono nell’Ucraina occidentale nel 1944, la repressione ai danni dell’OUN e dell’UPA fu durissima, portando all’uccisione di oltre 150.000 persone e radicando ulteriormente in quelle regioni l’odio nazionalista ucraino nei confronti dell’Unione Sovietica.
Alla fine della guerra, Bandera fu trasferito nella Germania Ovest con un’operazione dell’intelligence militare americana. Lì visse sotto la protezione dei servizi britannici con cui collaborava per organizzare l’opposizione antisovietica in Ucraina.
Lebed e Stetsko, campioni della crociata antisovietica
Mykola Lebed e Yaroslav Stetsko cooperarono invece strettamente con gli Stati Uniti per compiere campagne di sabotaggio e azioni di resistenza e di guerriglia contro i sovietici negli anni della Guerra Fredda.
Stetsko guidò il Blocco delle nazioni anti-bolsceviche (ABN, l’acronimo inglese), la più importante organizzazione ombrello di ex collaborazionisti nazisti nel mondo. Come ho scritto nel mio precedente articolo:
Sotto la guida di Stetsko, l’ABN sarebbe divenuto membro della World anti-communist league (WACL), organizzazione che riuniva principalmente formazioni di estrema destra dal Pacifico all’America latina. La WACL fu fondata nel 1952 su iniziativa di Chiang Kai-shek, leader della Repubblica di Cina (Taiwan), e del generale americano in pensione Charles Willoughby, che aveva stretti legami con la Cia.
Sia Lebed che Stetsko furono trasferiti dalla CIA in territorio statunitense, dove vissero fino alla morte continuando a plasmare e alimentare l’identità nazionalista ucraina nella diaspora presente in America.
Stetsko, che non predicava più pubblicamente lo sterminio degli ebrei, negli anni ’50 era convinto dell’inevitabilità di una terza guerra mondiale contro il blocco comunista.
Il connubio fra nazionalisti ucraini e repubblicani e neocon americani
Negli Stati Uniti, i nazionalisti ucraini strinsero un legame particolare con il partito repubblicano, oltre che con i movimenti neonazisti statunitensi. Nel 1983 Stetsko fu addirittura accolto alla Casa Bianca dal presidente Ronald Reagan e dal suo vice George H.W. Bush.
Braccio destro di Stetsko negli Stati Uniti fu Lev Dobriansky, nato a New York nel 1918 da immigrati ucraini. Economista e membro di spicco della comunità ucraino-americana, Dobriansky divenne presidente dell’Ukrainian Congress Committee of America (UCCA) nel 1949, e fu attivo in numerose organizzazioni repubblicane ed anticomuniste.
Egli insegnò alla Georgetown University, dove ebbe fra i suoi studenti Kateryna Chumachenko, poi divenuta sua assistente prima di acquisire il nome di Kateryna Yushchenko, allorché sposò il futuro presidente dell’Ucraina.
Dobriansky lavorò alacremente con Stetsko per riabilitare l’OUN-B, il ramo banderista dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, ritraendolo come un gruppo di “combattenti per la libertà” antisovietici.
Grazie ai suoi contatti nel Congresso, nel Republican National Committee, nel complesso militare-industriale americano, e nella diaspora ucraina, Dobriansky giocò un ruolo chiave nel forgiare una stretta amicizia fra l’OUN-B e i più ferventi esponenti anticomunisti negli Stati Uniti.
Sua figlia, Paula Dobriansky, fu tra i firmatari della dichiarazione dei principi del Project for a New American Century, think tank neoconservatore fondato da William Kristol e Robert Kagan, che ispirò profondamente la politica estera dell’amministrazione guidata da George W. Bush.
Quest’ultimo nominò la Dobriansky sottosegretario di stato per gli affari globali. Avendo ereditato dal padre una profonda ostilità per la Russia, la Dobriansky è tuttora impegnata al fianco dell’Ucraina nell’attuale conflitto, presiedendo insieme ad altri la Commissione per la ricostruzione economica dell’Ucraina lanciata dal Center for Strategic & International Studies (CSIS).
Ritorno in Ucraina
Quando Yaroslav Stetsko morì nel 1986, a raccogliere la sua missione fu la moglie Slava Stetsko. Anche lei originaria della Galizia, e attiva nell’OUN-B e nell’ABN, alla morte del marito divenne presidente di quest’ultima e membro esecutivo della WACL, che dopo il crollo dell’URSS cambiò semplicemente il proprio nome in World League for Freedom and Democracy mantenendo la propria controversa composizione e la propria missione anticomunista.
Nel 1991, la Stetsko fu eletta alla guida dell’OUN-B, e in quello stesso anno ritornò nell’Ucraina finalmente indipendente insieme ad altri esponenti nazionalisti della diaspora ucraina.
L’anno successivo, fondò il Congresso dei Nazionalisti Ucraini (CUN), partito di estrema destra costituito sulla base dell’OUN-B, insieme a Roman Zvarych, americano figlio di emigrati sovietici che all’età di 15 anni aveva giurato che avrebbe ottenuto uno stato indipendente ucraino “o sarebbe morto per esso”.
Già segretario privato di Yaroslav Stetsko, Zvarych aveva compiuto con quest’ultimo “missioni segrete” nell’Europa dell’Est per favorire la resistenza antisovietica in Ucraina ai tempi della Guerra Fredda. Secondo quanto lui stesso dichiarò, Zvarych incontrò la sua futura moglie Svetlana nel 1983 nel contesto di una missione segreta compiuta per conto di Stetsko in Polonia, il cui obiettivo era reclutare uomini per svolgere azioni in Ucraina.
Zvarych figura anche nella lista dei delegati della 16 ͣ Conferenza della WACL, una conferenza segreta tenutasi in Lussemburgo nel settembre del 1983, insieme a Slava Stetsko, Kateryna Chumachenko (futura moglie del presidente ucraino Viktor Yushchenko), Theodor Oberländer (già scienziato e gerarca nazista, iscrittosi nel 1956 al partito tedesco dell’Unione Cristiano-Democratica [CDU]), il generale americano John K. Singlaub (membro fondatore della CIA), ed altri.
La Stetsko sarebbe stata eletta come deputata del parlamento ucraino nel 1997, e poi nel 1998 e nel 2002. Nel febbraio 2005, dopo l’elezione di Yushchenko alla presidenza ucraina, Zvarych (anch’egli da lungo tempo membro del parlamento) sarebbe divenuto ministro della giustizia nel suo governo.
Il nome di Zvarych appare in diversi documenti di Wikileaks, fra cui le e-mail della società privata di intelligence Stratfor e il cosiddetto “Cablegate” (circa 250.000 dispacci diplomatici USA classificati). Secondo queste e-mail, egli ebbe frequenti consultazioni con l’ambasciatore americano in Ucraina fra il 2006 e il 2009.
Incontro fra gli esuli e le correnti locali del nazionalismo ucraino
Secondo Andriy Biletsky, primo comandante del battaglione Azov (un’unità paramilitare creata all’indomani della rivolta di Maidan del 2014), Zvarych fu a capo del quartier generale del Comitato Centrale Azov nel 2015 e supportò il battaglione con “volontari” e con consulenze politiche attraverso la sua “Fondazione Zvarych”.
Il CUN, fondato nel 1992 da Zvarych insieme a Slava Stetsko, fu un partito che non ottenne mai grandi risultati elettorali, ma collaborò con il Partito Nazional Socialista dell’Ucraina (SNPU), costituito nel 1991 a Lviv da diverse organizzazioni ultranazionaliste, e soprattutto da tre figure politiche: Yaroslav Andrushkiv, Andriy Parubiy e Oleh Tyahnibok. Gli ultimi due ebbero un ruolo significativo nella successiva storia ucraina e negli eventi di Maidan del 2014.
Come simbolo, l’SNPU adottò una versione modificata del Wolfsangel, emblema utilizzato da diverse divisioni delle SS e, nel dopoguerra, da molte organizzazioni neonaziste. Nel 1999, il partito creò un’organizzazione paramilitare chiamata “Patriota dell’Ucraina”. Ma nel 2004, Oleh Tyahnibok cercò di dare al partito un’immagine più moderata, e la formazione assunse il nome di Svoboda (Libertà).
Neanche Svoboda incontrò il favore popolare, ma il primo a dargli una legittimazione sarebbe stato proprio il presidente Yushchenko accogliendo Tyahnibok, che si era presentato da indipendente, nel suo gruppo in parlamento. Svoboda avrebbe poi giocato un ruolo importante nella rivolta di Maidan del 2014.
Come si vede, i nazionalisti ucraini incontrarono inizialmente considerevoli difficoltà ad affermarsi nell’Ucraina indipendente. Il loro obiettivo di stabilire uno stato sovrano era stato raggiunto, ma attraverso un meccanismo elettorale piuttosto che una rivoluzione nazionale, come essi avrebbero voluto. Non c’era altra via per loro che mescolarsi alla vita civile e prendere parte al processo di costruzione dello stato.
E’ quanto fece, in particolare, Mykola Plaviuk, leader dell’OUN e presidente della Repubblica Popolare Ucraina in esilio (UPR), allorché decise di riconoscere il neonato stato ucraino come legittimo successore dell’UPR, e quindi di sciogliere quest’ultima. Egli delegò ufficialmente i propri poteri all’allora presidente del’'Ucraina Leonid Kravchuk durante una cerimonia nella Verkhovna Rada, il parlamento ucraino, nell’agosto del 1992.
La diaspora canadese
Nato nel 1925 in un villaggio dell’Ucraina occidentale, che allora era però territorio polacco, Plaviuk fuggì in Germania alla fine della seconda guerra mondiale, e da lì emigrò in Canada nel 1949 divenendo un membro attivo dell’estesa diaspora ucraina canadese.
La comunità ucraina in Canada era già numerosa prima della seconda guerra mondiale, ed era in gran parte filo-sovietica. Il processo di estromissione dei filo-sovietici ebbe inizio nel 1940 ad opera del governo canadese.
Quello stesso anno, gli ucraini nazionalisti si riunirono nel Ukrainian Canadian Committee, divenuto poi Ukrainian Canadian Congress (UCC) nel 1989. Dopo la sconfitta della Germania di Hitler, l’UCC coordinò una massiccia campagna affinché il Canada concedesse l’asilo a numerosi membri dell’OUN e delle Waffen-SS ucraine della Divisione Galizia.
Ottawa cominciò ad accettare profughi ucraini in massa a partire dal 1948. Fu in quel periodo che molti membri dell’OUN e dell’UPA ottennero la residenza permanente in Canada. Fra essi vi era Mikhail Chomyak, nonno di Chrystia Freeland, attuale ministro delle finanze e vicepremier del Canada. Chomyak era stato caporedattore del Krakivski Visti, un giornale nazista fondato dai tedeschi nella Polonia occupata, i cui uffici erano stati confiscati a un editore ebreo.
La Freeland, che non ha mai preso le distanze dalla vita del nonno, ha anzi avuto stretti rapporti con l’UCC ed è un’aperta sostenitrice della causa nazionalista ucraina.
Quasi 35.000 banderisti (membri dell’OUN-B) riuscirono a emigrare in Canada. Furono accolti dal governo canadese anche 2.000 ucraini appartenenti dalla Divisione Galizia. Negli anni ’50 vi furono regolarmente scontri fra gli ucraini nazionalisti e quelli di sinistra nelle città canadesi.
La componente nazionalista della diaspora ucraina in Canada ebbe notevole influenza sulle scelte del governo di Ottawa. Nel 1991, grazie all’intervento del parlamentare di origini ucraino-polacche Borys Wrzesnewskyj, il Canada fu il primo paese a riconoscere l’indipendenza ucraina.
Wrzesnewskyj finanziò ed organizzò in Ucraina un gruppo di supporto al referendum per l’indipendenza, in particolare producendo e distribuendo materiale indipendentista nelle regioni meridionali e orientali del paese (dove vi è la maggior concentrazione di ucraini russofoni ed etnicamente russi).
Rivoluzione Arancione
Nel 2004, il governo canadese ed il suo primo ministro Paul Martin presero parte ai preparativi di Washington per promuovere quella che poi divenne nota come la Rivoluzione Arancione in Ucraina. L’ambasciata canadese a Kiev spese mezzo milione di dollari per promuovere “giuste elezioni” nel paese, aiutando il filo-occidentale Yushchenko a prevalere sul suo avversario “filo-russo” Viktor Yanukovych.
Fin dal gennaio del 2004, l’ambasciatore canadese Andrew Robinson organizzò incontri segreti mensili con altri ambasciatori occidentali per coordinare le donazioni di 28 paesi interessati a veder prevalere Yushchenko.
Successivamente, centinaia di ucraini canadesi giunsero nel paese per supervisionare lo svolgimento elettorale (Wrzesnewskyj contribuì direttamente al finanziamento e all’organizzazione dell’impresa). Alcuni di essi, che hanno fatto stabilmente dell’Ucraina la loro nuova residenza, si riferiscono da allora alla rivolta usando l’appellativo di “rivoluzione canadese”.
Pora, uno dei principali gruppi di attivisti che contribuirono alla Rivoluzione Arancione, organizzato sulla falsariga dei movimenti Otpor e Kmara finanziati e addestrati da Washington (il primo favorì il rovesciamento di Milošević in Serbia, il secondo promosse la Rivoluzione delle Rose in Georgia), ricevette denaro anche dall’ambasciata canadese.
Nuovi miti fondativi
Una volta divenuto presidente, Yushchenko avviò una serie di iniziative propagandistiche. Nel 2005, egli fondò l’Istituto della Memoria Nazionale e appoggiò la creazione di un “Museo dell’Occupazione Sovietica” a Kiev.
Yushchenko nominò il giovane storico e attivista Volodymyr Viatrovych come direttore degli archivi dello Sluzhba Bezpeki Ukrainy (SBU), i servizi segreti ucraini eredi del KGB. Viatrovych – riferisce un articolo apparso su Foreign Policy nel 2016, quando simili questioni ancora erano dibattute – promuoveva una visione storica nazionalista e revisionista che glorificasse il cammino del paese verso l’indipendenza cancellandone i capitoli più sanguinosi e compromettenti.
“Viatrovych”, si legge nell’articolo, “ha tentato di riscrivere la storia moderna del paese per occultare il coinvolgimento dei gruppi nazionalisti ucraini nell’Olocausto e nella pulizia etnica di massa dei polacchi durante dal seconda guerra mondiale. E ci sta riuscendo.”
La “mitopoiesi” promossa dalla presidenza Yushchenko aveva due componenti essenziali, scrive lo storico svedese Per Anders Rudling. La prima era la presentazione della carestia del 1932-33 come “genocidio della nazione ucraina”, ovvero come un tentativo sovietico deliberato di sterminare gli ucraini. La seconda era un culto eroico dell’OUN-B, dell’UPA e dei loro capi.
Gli storici di Yushchenko presentarono la loro reinterpretazione strumentale della storia come “la verità” contrapposta ai “miti sovietici”. Allo stesso modo, Valentyn Nalyvaichenko, direttore dello SBU sotto Yushchenko, descrisse il compito della sua organizzazione come quello di diffondere “la verità storica del passato al popolo ucraino”.
Ignorando l’antisemitismo dell’OUN, negando la sua partecipazione ad efferate violenze contro gli ebrei, e sorvolando sulla sua ideologia filo-nazista, Nalyvaichenko e lo SBU presentarono i nazionalisti ucraini dell’OUN come democratici, pluralisti, e perfino salvatori di ebrei durante l’Olocausto.
Il culmine della “politica della memoria” (Geschichtspolitik) di Yushchenko fu la designazione, pochi giorni prima di lasciare il suo incarico, di Stepan Bandera come “eroe dell’Ucraina”.
La figura di Kateryna Chumachenko
Non è improbabile, scrivono le storiche Marlene Laruelle e Ellen Rivera, che la propensione di Yushchenko ad aprire alle tendenze nazionaliste ucraine sia da ascrivere all’influenza della moglie, Kateryna Chumachenko (che abbiamo già avuto modo di incontrare alcune volte in questo articolo).
Nata a Chicago nel 1961, da genitori ucraini emigrati negli USA cinque anni prima, la Chumachenko fu cresciuta come un’ucraina (come lei stessa ricorda) e fece le sue prime esperienze di socializzazione nella Spilka Ukrajinskoji Molodi (SUM), l’Organizzazione della Gioventù Ucraina direttamente ispirata all’OUN.
Dopo essere stata allieva del già citato Lev Dobriansky, nei primi anni ’80 Kateryna lavorò presso l’Ukrainian National Information Service a Washington. Si trattava di un ufficio dell’ UCCA (Ukrainian Congress Committee of America) che aveva la funzione di mettere in contatto gli ucraini americani con i loro rappresentanti eletti.
Tramite l’UCCA, la Chumachenko successivamente ottenne un posto come “assistente speciale” presso il Dipartimento di Stato americano, nel 1986. E tra il 1988 e il 1989 fu impiegata presso l’Ufficio delle Pubbliche Relazioni della Casa Bianca.
Nel 1991, come tanti altri nazionalisti della diaspora, la futura moglie di Yushchenko si trasferì in Ucraina. Fu due anni dopo, lavorando come consulente di un programma di formazione bancaria finanziato dall’USAID (United States Agency for International Development), che Kateryna incontrò colui che sarebbe divenuto suo marito, il quale era allora governatore della Banca Nazionale dell’Ucraina.
A partire dalle presidenziali del 2004, allorché assunse un ruolo di primo piano nella sfera pubblica ucraina, la Chumachenko venne accusata di esercitare un’indebita influenza su Yushchenko in qualità di impiegata del governo americano, o addirittura (secondo certe insinuazioni) di agente affiliata alla CIA.
Radicalismo anti-russo
Se alcune di queste accuse sono difficilmente verificabili, il ruolo complessivo di numerosi esponenti nazionalisti della diaspora ucraina, in collaborazione con Washington (e, come abbiamo visto, anche con Ottawa), nel forzare il cammino del neonato stato indipendente ucraino verso una crescente ostilità nei confronti della Russia, è difficilmente confutabile.
Tali figure (amalgamandosi con le correnti locali del nazionalismo ucraino) hanno pazientemente penetrato la sfera politica, culturale, educativa, e la società civile del paese, per imporre una lettura nazionalista della storia e dell’identità del nuovo stato, mettendo progressivamente a tacere oppositori e identità alternative.
Nel 2014, dopo aver sostenuto e contribuito a promuovere la rivolta di Maidan a Kiev, Washington ancora una volta avrebbe fatto affidamento sulle forze più violentemente nazionaliste in Ucraina, e sulla diaspora ucraina in America, per plasmare il governo insediatosi a Kiev dopo il rovesciamento di Yanukovych.