Gli USA e il nazismo ucraino: più di 70 anni di storia
Un filo sotterraneo lega l’attuale ruolo americano in Ucraina a eventi che risalgono alla fine del secondo conflitto mondiale
Il dibattito attorno alle componenti neonaziste, nazionaliste, e spesso violente, del governo ucraino guidato da Volodymyr Zelensky è di solito acceso, e caratterizzato da toni ideologici più che da un genuino desiderio di comprendere.
Solitamente, la rilevanza di tali componenti viene sminuita dai mezzi di informazione occidentali, in accordo con una generale tendenza a trascurare le origini dell’attuale conflitto in Ucraina, ponendolo in una sorta di presente astorico del tutto fittizio.
Vi è però un legame di continuità che unisce i tragici eventi di oggi alle vicende risalenti alla seconda guerra mondiale nell’Europa dell’Est, così come vi è un filo che lega l’attuale ruolo americano nel conflitto a quello che Washington giocò nel vecchio continente durante la guerra fredda.
Probabilmente non molti sanno che il controverso battaglione Azov, ed altri gruppi di matrice neonazista sostenuti dal governo Zelensky, hanno ricevuto addestramento dagli Stati Uniti.
Ma, di sicuro, un numero ancora più esiguo è a conoscenza del fatto che lo stesso Stepan Bandera (1909-1959) ed altri leader nazionalisti ucraini e collaborazionisti dei nazisti tedeschi, che oggi vengono esaltati da questi gruppi, ebbero un lungo rapporto di cooperazione con gli americani nel secondo dopoguerra.
Nazionalismo e nazismo in Ucraina
L’origine di questi legami in realtà affonda in anni che addirittura precedono il secondo conflitto mondiale. Ad avere un ruolo chiave negli eventi della storia ucraina passata e recente è l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (Oun, l’acronimo in lingua ucraina).
L’Oun fu fondata nel 1929 nella Galizia orientale, all’epoca situata in territorio polacco dopo aver fatto parte dell’impero austro-ungarico. L’organizzazione invocava un’Ucraina etnicamente omogenea ed indipendente, e combatté aspramente contro il predominio polacco.
Nell’agosto del 1939, il patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop fra Unione Sovietica e Germania nazista portò alla spartizione della Polonia. La Galizia orientale, insieme alla Volinia, divenne così parte della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.
Ma già in precedenza, negli anni ’30, l’Oun aveva consolidato la propria ideologia in antitesi al comunismo, ed in linea con la Germania nazista e l’Italia fascista. Parte integrante di tale ideologia era l’antisemitismo. Gli ebrei erano visti dall’Oun come sostenitori del regime comunista di Mosca. I principali nemici, tuttavia, erano polacchi e sovietici.
Nel giugno del 1941, quando la Germania invase l’Ucraina, molti ucraini occidentali accolsero i tedeschi come “liberatori”, a differenza degli altri loro connazionali che combatterono al fianco dell’armata rossa.
Nei territori occupati dai tedeschi ebbero luogo una serie di pogrom ai danni degli ebrei. A Leopoli (Lviv, in ucraino), città cosmopolita della Galizia, l’Oun distribuì volantini che invitavano gli ucraini a massacrare comunisti, ebrei, polacchi e ungheresi. A migliaia vennero uccisi.
Fino all’agosto del 1942, le milizie dell’Oun continuarono ad uccidere ebrei in tutta la Galizia, come in Bucovina e Volinia, talvolta in collaborazione con tedeschi e rumeni, talvolta per proprio conto.
L’Oun aveva infiltrato le forze di polizia che compivano le spedizioni punitive per conto dei tedeschi. Nel 1943, migliaia di questi uomini disertarono tali formazioni per unirsi all’insurrezione guidata dai nazionalisti ucraini. Nel corso di tale rivolta, l’Esercito insurrezionale ucraino (Upa), braccio armato dell’Oun, commise altri massacri di ebrei.
Secondo lo storico John-Paul Himka, un quarto delle vittime dell’Olocausto fu originario dei territori dell’attuale Ucraina.
Un rapporto contrastato
L’Oun e l’Upa avevano adottato lo slogan nazista Blut und Boden (letteralmente “sangue e suolo”), che esprimeva l’ideale di una nazione pura dal punto di vista della razza (o del sangue) e legata ad una determinata terra.
Tuttavia, per i tedeschi, a questo concetto si aggiungeva l’idea di Lebensraum, lo “spazio vitale” che la Germania avrebbe dovuto occupare, in particolare nell’Europa dell’Est, assoggettando popoli slavi e baltici in base al cosiddetto Generalplan Ost.
I nazionalisti ucraini, pertanto, non vennero mai considerati dai tedeschi degni far parte del sogno della Germania nazista su un piano di parità. Quando l’Oun-B (fazione dell’Oun che faceva capo al leader galiziano Stepan Bandera) proclamò a Leopoli l’instaurazione di uno Stato ucraino fedele a Hitler, nel giugno del 1941, i membri del gruppo vennero arrestati o addirittura uccisi dalla Gestapo.
Bandera e il suo vice, Yaroslav Stetsko, vennero inviati nel campo di concentramento di Sachsenhausen, mentre Mykola Lebed, un altro leader dell’organizzazione, riuscì a fuggire ponendosi alla guida dell’Oun-B e poi dell’Upa.
A seguito di questo episodio, i tedeschi affidarono mansioni amministrative e di polizia nell’Ucraina occidentale all’Oun guidata da Andriy Melnyk, da cui la fazione di Bandera si era originariamente staccata nel 1940 (la componente di Melnyk sarebbe stata designata da quel momento in poi come Oun-M).
All’inizio del 1943, i banderisti (come vennero chiamati invece i membri dell’Oun-B) cominciarono a credere che sovietici e tedeschi si sarebbero “dissanguati” a vicenda, permettendo la nascita di un’Ucraina indipendente come già era avvenuto nel 1918.
Lebed propose allora di “ripulire l’intero territorio rivoluzionario dalla popolazione polacca”, per impedire che un risorgente Stato polacco reclamasse la regione come già era accaduto alla fine della prima guerra mondiale. In un solo giorno, l’11 luglio del 1943, l’Upa, il braccio armato della sua organizzazione, attaccò un’ottantina di villaggi uccidendo circa 10.000 polacchi.
Ma si ebbero anche aspri scontri fra le varie fazioni nazionaliste ucraine. I banderisti uccisero anche decine di migliaia di ucraini nelle loro lotte intestine con l’Oun-M ed altre fazioni.
Gli stessi membri dell’Oun-B, peraltro, non avevano tagliato del tutto i ponti con i tedeschi, i cui comandi continuarono a considerarli un “alleato naturale della Germania”. Tanto che l’Upa stesso ordinò ai giovani ucraini di arruolarsi volontariamente nella divisione ucraina delle Waffen SS.
Bandera, dal canto suo, venne liberato dalle autorità tedesche nel 1944, e fatto tornare in Ucraina perché combattesse contro le truppe sovietiche che stavano avendo la meglio.
Gli USA, i nazisti e il nemico comunista
I rapporti fra il nazionalismo ucraino e gli Stati Uniti furono anch’essi precoci. Legata ideologicamente all’Oun, l’Organization for the rebirth of Ukraine (Odvu, l’acronimo in lingua ucraina) fu fondata negli Usa nel 1931.
Un altro gruppo chiamato Organization for the defense of four freedoms for Ukraine, legato ai banderisti, vide la luce fra Newark e New York nel 1946.
Queste ed altre formazioni sarebbero confluite in un’organizzazione ombrello, l’Ukrainian congress committee of America (Ucca), che si riunì per la prima volta a Washington già nel 1940.
Tuttavia l’interesse del governo americano per il nazionalismo ucraino, anche nelle sue espressioni più estreme, crebbe notevolmente verso la fine della seconda guerra mondiale. Tale interesse rientrava nel più generale desiderio, diffuso nei servizi segreti americani, di impiegare membri dell’apparato nazista in chiave antisovietica.
Un ruolo chiave a tale proposito venne giocato da Allen Dulles, all’epoca direttore dell’ Office of strategic services (Oss) in Svizzera. L’Oss fu il servizio di intelligence americano durante la seconda guerra mondiale, e predecessore di fatto della Cia, alla cui guida Dulles sarebbe stato nominato nel 1953.
Egli era convinto che il vero nemico dell’America capitalista non fossero i nazisti, ma il comunismo sovietico. In qualità di avvocato di un importante studio legale di New York, Dulles era inoltre legato a compagnie americane con forti interessi tedeschi e ad imprese della Germania nazista.
All’inizio del 1945, il generale tedesco Karl Wolff, ex braccio destro di Himmler, si recò a Zurigo ad incontrare Dulles. Oggetto del colloquio era la possibile resa dei nazisti al comando di Wolff in Italia, ma anche il desiderio di Dulles che il generale gli fornisse una valida collaborazione di intelligence contro il nuovo nemico: l’Unione Sovietica.
Wolff non fu l’unico gerarca nazista ad essere protetto dal futuro direttore della Cia. Altro caso eclatante fu quello di Reinhard Gehlen, responsabile dell’intelligence nazista sul fronte orientale. Invece di essere consegnato ai sovietici, come chiedeva Mosca, egli venne fatto fuggire a Washington nel settembre del 1945.
Successivamente Gehlen fu fatto rientrare in Germania, dove, con un finanziamento americano annuale di mezzo milione di dollari, cominciò a gestire la cosiddetta “organizzazione Gehlen”, poi trasformata nel principale servizio di intelligence della Germania Ovest.
Secondo il giornalista investigativo Eric Lichtblau, circa 4.000 agenti nazisti vennero reintegrati nella rete di Gehlen sotto la supervisione della Cia. Un altro autore americano, John Loftus, ritiene che nel 1952 “centinaia se non migliaia di importanti collaborazionisti nazisti da Bielorussia, Ucraina, paesi baltici e Balcani” erano stati trasferiti negli Stati Uniti, e molti altri erano attivi nel mondo.
E’ dunque in questo quadro che va inserita la “riabilitazione” dei collaborazionisti ucraini.
Lebed, Bandera, Stetsko come agenti di Washington
In maniera non dissimile da Gehlen, il leader banderista Mykola Lebed contattò gli alleati offrendo una serie di nomi di esponenti antisovietici nell’Ucraina occidentale e nei campi profughi tedeschi. Ciò lo rese interessante agli occhi degli americani, sebbene un rapporto del Counterintelligence Corps (Cic) dell’esercito Usa avesse definito Lebed “un noto sadico e collaboratore dei tedeschi”.
Nel 1949, sotto la copertura legale del Displaced Persons Act, Lebed venne trasferito negli Stati Uniti per mano della Cia, che lo protesse anche dalle indagini dell’Immigration and Naturalization Service sui crimini commessi dai banderisti.
Dal canto suo Bandera, la cui fazione Oun-B era stata riorganizzata con l’aiuto del servizio segreto britannico MI6, si era trasferito in Germania insieme alla famiglia. Ciò avvenne anche grazie al contributo degli americani, che intendevano proteggerlo dai sovietici.
Bandera cominciò però ad essere considerato troppo pericoloso e scomodo, sia dagli inglesi che dagli americani. Questi ultimi volevano che fosse Lebed ad acquisire la leadership del movimento ucraino di liberazione contro i sovietici.
Bandera sarebbe stato ucciso nel 1959. Le autorità tedesche stabilirono che fu intossicato da gas di cianuro ed accusarono dell’omicidio un agente del Kgb.
Dopo la morte di Bandera, la sua eredità sarebbe stata raccolta da Yaroslav Stetsko, il suo braccio destro di tanti anni addietro.
Profondamente antisemita e anticomunista, nel 1946 Stetsko si era posto a capo del Blocco delle nazioni anti-bolsceviche (Abn, l’acronimo inglese), un’organizzazione nata originariamente sotto la supervisione della Germania nazista in chiave antisovietica con il nome di Comitato delle nazioni soggiogate. Essa includeva formazioni filonaziste dell’Europa dell’Est, come la Guardia di ferro romena e il Partito delle croci frecciate ungherese, ed era stata creata con il contributo determinante dei nazionalisti ucraini dell’Oun-B.
L’Abn aveva il proprio quartier generale a Monaco, in Germania, sotto il patrocinio di Radio Free Europe, emittente anticomunista nata da un progetto della Cia. Oltre che dall’intelligence americana, l’Abn ricevette supporto dall’MI6 britannico.
Sotto la guida di Stetsko, l’Abn sarebbe divenuto membro della World anti-communist league (Wacl), organizzazione che riuniva principalmente formazioni di estrema destra dal Pacifico all’America latina. La Wacl fu fondata nel 1952 su iniziativa di Chiang Kai-shek, leader della Repubblica di Cina (Taiwan), e del generale americano in pensione Charles Willoughby, che aveva stretti legami con la Cia.
Con i banderisti ed altre organizzazioni di ex collaborazionisti nazisti, l’intelligence americana compì omicidi e campagne di sabotaggio contro l’Unione Sovietica. Nel 1951, il capo delle operazioni sotto copertura della Cia, Frank Wisner, stimava che “oltre 35.000 membri della polizia segreta russa (Mvd-Mkgb) sono stati uccisi dall’Oun-Upa dalla fine dell’ultima guerra”.
Negli anni ’50, Mykola Lebed venne selezionato come capo consigliere dell’operazione AERODYNAMIC ideata dalla Cia. Essa prevedeva l’infiltrazione in Ucraina e, successivamente, l’esfiltrazione di agenti ucraini addestrati dalla Cia. A ciò si aggiungevano azioni di resistenza e di guerriglia condotte dall’Upa e dal Supremo consiglio ucraino di liberazione (Uhvr), organismo fondato nei Carpazi nel 1944 in opposizione alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina.
Il nazionalismo ucraino come arma della guerra fredda
Tra il 1954 e il 1956, tuttavia, i sovietici ebbero la meglio su queste formazioni, e la Cia pose fine alla fase “aggressiva” dell’operazione. In America, invece, AERODYNAMIC rimase attiva promuovendo un gruppo di studio sotto la guida di Lebed. Formalizzato successivamente con il nome di Prolog, esso si occupava della preservazione della letteratura e della storia ucraina producendo giornali, libri e programmi radiofonici di orientamento nazionalista.
Sotto la guida di Lebed e la supervisione della Cia, venne dunque plasmata un’identità ucraina nazionalista che romanticizzava il concetto di razza ucraina in opposizione a russi e bielorussi.
Un analista della Cia affermò che “qualche forma di sentimento nazionalista continua ad esistere [in Ucraina] e… abbiamo l’obbligo di sostenerlo come un’arma della guerra fredda”.
Il programma AERODYNAMIC, pur cambiando ripetutamente nome, sarebbe rimasto attivo fino al crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Prolog sopravvisse anche successivamente, ma con mezzi finanziari propri (Lebed sarebbe morto nel 1998 nel New Jersey, all’età di 89 anni, ancora sotto la protezione della Cia).
In America, i nazionalisti ucraini ed altri collaborazionisti dell’Europa dell’Est strinsero un legame particolare con il partito repubblicano, ma anche con movimenti neonazisti statunitensi.
Richard Nixon, negli anni ’60, ebbe rapporti diretti con esponenti della Guardia di ferro rumena ed altri gruppi. I contatti rimasero intensi nei decenni successivi. Nel 1983, il presidente Ronald Reagan e il vicepresidente George H. Bush accolsero Stetsko alla Casa Bianca.
Stetsko morì tre anni dopo, ma le nuove generazioni continuarono ad alimentare il movimento nazionalista ucraino con il sostegno dei repubblicani e, successivamente, dei democratici americani.
Ritorno in Ucraina
Quando il blocco sovietico crollò nel 1991, molti gruppi tornarono in Ucraina e cominciarono ad organizzarsi in partiti politici.
Venne ricostituito il gruppo di veterani delle Waffen SS, furono organizzati cortei e manifestazioni. Molti di questi movimenti fecero parte della cosiddetta Rivoluzione arancione del 2004, sostenuta direttamente dagli Stati Uniti.
La glorificazione degli antichi leader dell’Oun e dell’Upa, come Stepan Bandera, venne incoraggiata dal nuovo presidente ucraino, Viktor Yushchenko. Monumenti e memoriali vennero eretti in diversi luoghi del paese, ed in particolare a Leopoli.
Yushchenko chiuse la sua presidenza nominando Bandera “eroe dell’Ucraina”.
Malgrado questo attivismo, l’estrema destra nazionalista rimase però minoritaria nel paese. I diversi gruppi del movimento erano profondamente divisi tra loro. La corruzione era dilagante. Nonostante il massiccio sostegno statunitense, nel 2010 Yushchenko perse le elezioni a vantaggio di Viktor Yanukovych, considerato più vicino ai russi.
Ma il seme era stato gettato, e questi gruppi sarebbero stati in grado, quattro anni più tardi, di prendere in ostaggio le proteste di Maidan, a Kiev, e di assumere posizioni chiave nel nuovo governo, affermatosi dopo il rovesciamento di Yanukovych ancora una volta con il sostegno di Washington.