Guerra multidimensionale attorno all’annunciata offensiva ucraina
Nessuno sa se e quando la tanto pubblicizzata controffensiva si materializzerà, ma in Ucraina la temperatura dello scontro sta salendo comunque.
La cosiddetta “controffensiva di primavera”, da mesi in preparazione, tarda a concretizzarsi per problemi di tipo logistico e militare, ma nel frattempo altre offensive, di natura asimmetrica, hanno esacerbato il conflitto in Ucraina e accresciuto le tensioni internazionali che ruotano attorno ad esso.
Dall’attacco con droni contro il Cremlino, dello scorso 3 maggio, agli attentati e alle azioni di sabotaggio in territorio russo, dallo scontro ideologico sulle celebrazioni del 9 maggio in ricordo della vittoria sovietica sulla Germania nazista, al recentissimo annuncio di Londra di aver consegnato a Kiev missili a lungo raggio, stiamo assistendo a una guerra multidimensionale lanciata dal governo ucraino e dagli alleati occidentali contro Mosca.
Difficile dire se questa offensiva ibrida rappresenti una specie di “surrogato” di una controffensiva militare che potrebbe essere rinviata anche di mesi, o se invece costituisca una sorta di azione diversiva volta a innervosire Mosca, ed a confondere i suoi vertici militari, proprio in vista dell’imminente lancio di tale controffensiva.
Al momento la prima ipotesi sembrerebbe però più probabile.
I problemi di Kiev
I problemi logistici ed organizzativi in cui si dibatte Kiev sono numerosi e seri – dalla carenza di munizioni e di nuove reclute, alle difficoltà logistiche legate al loro addestramento e alla gestione di sistemi d’arma estremamente eterogenei. Ho avuto modo di parlarne in diverse occasioni in passato.
A ciò si deve aggiungere la campagna russa di bombardamenti volti a colpire depositi di munizioni, caserme, snodi ferroviari, hub logistici, sistemi di difesa aerea, al fine di degradare la rete di supporto di un’eventuale offensiva ucraina rendendo tale offensiva insostenibile sul medio periodo, se non addirittura stroncandola sul nascere.
Il ricorso alle bombe plananti (ordigni modificati con l’introduzione di ali e sistemi di navigazione che permettono di stabilire un determinata traiettoria di volo verso il bersaglio) permette ai russi di colpire con notevole precisione obiettivi posti a distanze talvolta superiori ai 100 km.
Gli aerei di Mosca possono lanciare queste bombe, difficilmente tracciabili dai radar e dunque non facili da intercettare, dal territorio russo rimanendo al di fuori della portata dei sistemi di difesa aerea ucraini.
Questo tipo di munizioni, solitamente da 500 a 1.500 kg, viene usato per colpire trincee, fortificazioni, ed altri obiettivi strategici, provocando danni ingenti alle postazioni ucraine e costituendo una seria minaccia per la preannunciata controffensiva.
Nelle scorse settimane Mosca ha martellato con missili, droni, bombe plananti ed altre armi, obiettivi strategici a Pavlograd, Odessa, Kramatorsk , Chasiv Yar e molte altre località ucraine.
Nei mesi scorsi, inoltre, Kiev ha schierato una parte consistente delle sue truppe meglio addestrate ed equipaggiate a difesa di Bakhmut, in Donbass, perdendo migliaia di soldati esperti sotto i colpi dell’artiglieria di Mosca.
Mentre Bakhmut è ormai sul punto di cadere, questi soldati non potranno essere realmente rimpiazzati da reclute che hanno ricevuto un frettoloso addestramento di poche settimane.
In attesa della controffensiva
Recentemente, sia il capo degli Stati maggiori riuniti USA, generale Mark Milley, che il ministro della difesa ucraino Oleksiy Reznikov, hanno fornito risposte con toni che andavano dall’evasivo al preoccupato di fronte alle crescenti aspettative occidentali nei confronti della tanto propagandata offensiva.
Nei giorni scorsi, il presidente della Repubblica Ceca ed ex generale NATO, Petr Pavel, ha messo in guardia la leadership ucraina sul disastro a cui potrebbe andare incontro nel caso di una controffensiva affrettata.
Pavel ha ammonito che gli ucraini non hanno più l’elemento sorpresa che ha favorito la riconquista delle regioni di Kharkiv e Kherson verso la fine dello scorso anno, e subiranno inevitabilmente “terribili perdite”.
Secondo il leader ceco, ci sarà un solo tentativo ucraino di controffensiva quest’anno, e dunque il blocco occidentale non può permettersi che esso si risolva in un fallimento.
Va anche rilevato che, mentre le regioni di Kharkiv e Kherson riprese dagli ucraini erano scarsamente difese dai russi, in questi mesi le forze di Mosca hanno pesantemente rafforzato con trincee e vari tipi di fortificazioni le loro linee difensive nei territori da essi controllati.
Inoltre, dopo aver mobilitato 300.000 riservisti lo scorso settembre, Mosca attualmente schiererebbe in Ucraina circa 370.000 soldati, secondo fonti militari ucraine, a cui bisognerebbe aggiungere almeno altri 150.000 uomini non ancora impiegati e tenuti in riserva.
Alla luce di questi fatti e di simili dichiarazioni, resta l’interrogativo se i vertici militari ucraini decideranno di rinviare l’offensiva di alcuni mesi, o se invece sceglieranno di tentarla ugualmente giocandosi il tutto per tutto.
Proprio ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che Kiev ha bisogno di più tempo per iniziare la controffensiva, sebbene altri responsabili ucraini abbiano ripetutamente dichiarato che l’attacco sarebbe imminente.
Colpire il Cremlino
Ad ogni modo, Kiev sembra intenzionata ad alzare il livello dello scontro con Mosca, a giudicare dall’attacco con droni conclusosi la notte del 3 maggio con due esplosioni poco sopra la cupola del Senato del complesso del Cremlino. L’azione, neutralizzata dalle contromisure russe, non ha provocato particolari danni, ma ha avuto un forte impatto simbolico.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha accusato Washington di essere il possibile mandante dell’attacco: “Sappiamo bene che le decisioni su tali azioni e attacchi terroristici non vengono prese a Kiev, ma a Washington”.
Sia Kiev che la Casa Bianca hanno negato ogni coinvolgimento nell’azione, ma le accuse di Peskov possono avere un fondamento.
Uno dei documenti trafugati del Pentagono, pubblicati settimane fa, metteva in guardia su un ipotetico scenario in cui un attacco ucraino contro il Cremlino avrebbe provocato una dura reazione russa potenzialmente in grado di portare a una guerra nucleare.
E poco tempo fa, l’oligarca ucraino Volodymyr Yatsenko, cofondatore di un think tank vicino ai servizi segreti di Kiev (SBU), aveva offerto soldi a chiunque fosse stato in grado di compiere attacchi terroristici con droni in territorio russo.
Giorni dopo, un drone carico di esplosivo si era schiantato vicino al parco industriale di Rudnevo a Mosca, dove si sarebbe dovuto recare il presidente russo Putin quel giorno.
Si può anche citare Yuriy Romanenko, cofondatore dell’Ukrainian Institute for the Future, un think tank legato al settore ucraino della difesa e finanziato, fra gli altri dall’USAID e dal NED, il quale ha tranquillamente sostenuto sul suo account Twitter che l’Ucraina aveva lanciato l’attacco al parco industriale di Rudnevo, e poi quello al Cremlino.
Nel frattempo, le poste ucraine hanno annunciato il lancio di un francobollo commemorativo dell’evento. Senza dubbio, episodi singolari per un governo che si dice estraneo a queste azioni.
Azioni di sabotaggio e attentati
Sebbene in una conferenza stampa a Helsinki Zelensky abbia affermato che “non attacchiamo Putin o Mosca, combattiamo sul nostro territorio”, gli attacchi ucraini in territorio russo sono stati numerosi negli ultimi mesi, e si stanno intensificando.
Del resto, in questi eventi neanche un ruolo americano può essere escluso visto che, secondo fonti statunitensi, la CIA avrebbe collaborato indirettamente a numerose azioni di sabotaggio in territorio russo.
Mesi fa, il ministro degli esteri di Mosca, Sergei Lavrov, aveva anche denunciato i piani USA per un possibile “decapitation strike” contro Putin.
Gli attacchi a ferrovie, depositi di carburante, altri obiettivi civili o altamente simbolici come il Cremlino, hanno il probabile scopo di sbilanciare la Russia, confonderne l’opinione pubblica, provocare la leadership di Mosca spingendola a commettere errori.
Vi sono poi gli attentati a figure conosciute come Daria Dugina, figlia del filosofo nazionalista Aleksandr Dugin, e più recentemente lo scrittore e attivista Zakhar Prilepin, di cui Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina (GUR), è da molti considerato il mandante e l’organizzatore.
A una domanda sui presunti responsabili dell’assassinio di Daria Dugina, Budanov ha risposto: “L’unica cosa che dirò è che abbiamo ucciso russi, e continueremo a uccidere russi ovunque sulla faccia della terra fino alla completa vittoria dell’Ucraina”.
Riscrivere la storia
E’ nel clima pesante prodotto da questi attacchi e attentati che hanno avuto luogo a Mosca le celebrazioni del 9 maggio, la “giornata della vittoria” sulla Germania nazista. Queste celebrazioni hanno offerto a Kiev lo spunto per portare avanti una battaglia ideologica che si somma a quella combattuta sul terreno.
Il fronte internazionale che uscì vittorioso da quel terribile conflitto mondiale è infatti oggi irrimediabilmente diviso, spaccato in due schieramenti che sono letteralmente in guerra fra loro.
La spaccatura in realtà si consumò già nel 1945, quando gli Alleati occidentali firmarono un'iniziale pace separata con i tedeschi il 7 maggio (con un cessate il fuoco entrato in vigore il giorno dopo), suscitando l’ira dei sovietici, che avevano sacrificato il maggior numero di uomini nel conflitto. Stalin pretese perciò la firma di un nuovo armistizio che fu concluso il 9 maggio.
E’ in occasione di questo conteso periodo di celebrazioni che il presidente ucraino Zelensky ha cercato di appropriarsi della vittoria sul nazismo costruendo una contro-narrazione in cui è la Russia a diventare erede della Germania nazista.
Con il suo discorso dell’8 maggio, ignorando il ruolo che molti ucraini ebbero a fianco dei nazisti tedeschi, egli ha tentato di capovolgere la realtà storica cancellando allo stesso tempo l’apporto determinante che i sovietici (ucraini inclusi) diedero alla vittoria sul nazismo, e assimilando l’Ucraina alle nazioni occidentali.
Introducendo il termine spregiativo e razzista di “russismo” (termine adottato pochi giorni prima dal parlamento ucraino, e che ha una voluta assonanza con “fascismo”), il presidente ucraino ha confezionato un’operazione propagandistica secondo cui i russi incarnano il nuovo nazismo, contro cui Kiev combatte insieme all’Occidente.
Egli ha pertanto proposto al parlamento di dedicare l’8 maggio alle celebrazioni della vittoria sul nazismo, così come avviene nelle nazioni occidentali, consacrando invece il 9 alla “Giornata dell’Europa”, festività dell’Unione Europea, per sancire l’adesione dell’Ucraina all’Occidente in contrapposizione alla celebrazione russa.
Tale operazione è stata avallata dalle autorità europee, ed in particolare dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che si è recata appositamente a Kiev per celebrare la nuova ricorrenza ucraina.
Questo episodio offre un ulteriore esempio di come il conflitto ucraino si combatta su diversi piani, e di come Kiev, in parte per sopperire ai suoi deficit militari, abbia adottato una strategia multidimensionale contro Mosca.
Missili a lungo raggio a Kiev
La componente militare rimane tuttavia fondamentale. Sotto questo profilo, lo sviluppo più recente è rappresentato dall’annuncio britannico di aver consegnato a Kiev missili da crociera a lungo raggio Storm Shadow.
La mossa di Londra segna senza dubbio una pericolosa escalation del conflitto, dopo che per mesi la Casa Bianca si era rifiutata di inviare all’Ucraina i propri missili ATACMS a lungo raggio proprio per timore che lo scontro con Mosca potesse sfuggire di mano.
I missili Storm Shadow consegnati a Kiev dovrebbero essere una versione da esportazione con gittata inferiore ai 300 km (la versione normale supera i 500 km). Inoltre Londra li avrebbe concessi solo in cambio della promessa di Kiev di impiegarli esclusivamente sul territorio ucraino.
Tuttavia, la gittata di questi missili fa sì che possano colpire in profondità obiettivi in Crimea e negli altri territori controllati dai russi. Essi sono dotati di una testata a due stadi che consente loro di penetrare e distruggere obiettivi fortificati.
Un notevole lavoro è stato necessario per adattare questi missili (pensati per essere lanciati da aerei occidentali) a velivoli di progettazione sovietica. In generale, la scarsità di mezzi dell’aeronautica ucraina e il deterioramento delle capacità ucraine di difesa aerea rappresentano una potenziale debolezza per questo sistema.
Gli Storm Shadow sono missili subsonici, e dunque possono essere abbattuti dalle difese aeree russe, o anche deviati da contromisure di guerra elettronica. E probabilmente, la versione da esportazione è disponibile in quantità limitate.
Si tratta tuttavia di sistemi con un alto potenziale distruttivo. Sebbene obiettivi ben protetti da sistemi di difesa aerea, come il ponte di Kerch che unisce la Crimea alla madrepatria russa, dovrebbero sopravvivere a un attacco con questi missili (cosa però non del tutto scontata), centri di comando, hub logistici, depositi di munizioni ed altri obiettivi strategici che erano al di fuori della portata degli HIMARS sono ora vulnerabili.
Mosca aveva più volte messo in guardia sulle conseguenze che l’invio di missili a lungo raggio a Kiev avrebbe potuto implicare. La decisione di Londra, le azioni in territorio russo, e l’attacco con droni al Cremlino, costituiscono altrettante conferme del fatto che ci troviamo tuttora su una traiettoria di escalation che comporta pericoli di allargamento del conflitto, e che un possibile sbocco negoziale della crisi è ancora lontano.