IN PILLOLE – Patto USA-Giappone, Gerasimov alla guida delle forze russe in Ucraina, difficoltà militari ucraine, Biden perde la sfida economica, la Banca centrale russa punta sullo yuan
Intesa per isolare la Cina, possibile escalation russa in Ucraina, negli USA le spese militari vincono sulla rifondazione economica
Incontro Biden-Kishida: nuovo patto fra USA e Giappone per isolare la Cina
La nomina di Gerasimov alla guida delle forze russe in Ucraina: verso una possibile escalation?
Le crescenti difficoltà delle forze armate ucraine
Rifondare l’economia americana? Biden sta perdendo la sfida
Dedollarizzazione come imperativo: la banca centrale russa sta abbandonando il dollaro e acquisterà yuan cinesi sul mercato dei cambi
Incontro Biden-Kishida: nuovo patto fra USA e Giappone per isolare la Cina
L’incontro avvenuto venerdì scorso alla Casa Bianca fra il premier giapponese Fumio Kishida e il presidente americano Joe Biden ha rafforzato ulteriormente la nuova relazione di sicurezza fra USA e Giappone, fortemente voluta da Washington in chiave anticinese.
La decisione giapponese di aumentare le spese per la difesa fino al 2% del PIL (che renderebbe il Giappone il 3° paese al mondo per spesa militare dopo USA e Cina) è stata salutata dal Washington Post come l’equivalente giapponese della “Zeitenwende” tedesca, la “svolta epocale” annunciata dal cancelliere Scholz (cioè il riarmo di Berlino dopo l’invasione russa dell’Ucraina).
Il Giappone è in trattativa con gli USA per acquistare centinaia di missili Tomahawk. L’acquisto è inteso come “ripiego” in attesa di estendere la gittata dei missili Type 12 di fabbricazione giapponese. Tokyo sta abbandonando la sua postura limitata all’autodifesa: una “reinterpretazione” della costituzione risalente al 2014 consente al paese di rispondere militarmente anche qualora venga attaccato un proprio alleato.
Finora, i Tomahawk americani erano stati venduti solo alla Gran Bretagna, il che fa capire fino a che punto Washington intenda rilanciare l’alleanza con il Giappone.
Rahm Emanuel, ambasciatore USA in Giappone, ha affermato che Biden e Kishida hanno lavorato per “ridurre le distanze fra lo [scacchiere] transatlantico e l’Indopacifico” al fine di farli rientrare in “un’unica sfera strategica”.
Il ministero degli esteri cinese ha reagito con durezza, affermando che “Il Giappone deve riflettere seriamente sulla propria storia di aggressione, rispettare le preoccupazioni di sicurezza dei propri vicini, ed agire con prudenza nel campo della sicurezza”.
Sebbene la Cina sia il primo partner commerciale del Giappone, gli strateghi giapponesi hanno recentemente definito Pechino “la principale sfida strategica per assicurare pace e sicurezza al Giappone”.
Analogamente, Tokyo è passata dal ricercare un rafforzamento dei rapporti e della cooperazione con Mosca al definire la Russia una “forte preoccupazione di sicurezza”.
E’ prevedibile un inasprimento delle tensioni nel Pacifico, candidato a complicare ulteriormente la scena internazionale.
La nomina di Gerasimov alla guida delle forze russe in Ucraina: verso una possibile escalation?
La nomina di Valery Gerasimov a Comandante delle Forze Congiunte russe in Ucraina segnala una possibile escalation nel conflitto.
In qualità di capo di Stato maggiore delle forze armate russe, Gerasimov ricopre la più alta carica militare in Russia (il ministro della difesa Shoigu è un civile). Come tale, egli è sempre stato il superiore di Sergei Surovikin, il generale che finora ha guidato l’Operazione militare speciale (SMO).
La nomina di Gerasimov alla guida delle operazioni in Ucraina non significa che Surovikin venga rimpiazzato, come hanno detto i mezzi di informazione occidentali, ma più probabilmente che le operazioni militari sono destinate a espandersi.
Secondo il quotidiano russo Izvestiya, come comandante dell’SMO Surovikin non aveva possibilità di impartire ordini all’aviazione a lungo raggio, alla marina militare, al direttorato dell’intelligence, ecc.
La nomina di Gerasimov porta la guerra su un altro piano. Surovikin probabilmente continuerà ad occuparsi del fronte orientale (Kharkiv-Luhansk-Bakhmut-Donetsk).
L’aspetto rilevante è che assieme a Gerasimov sono stati nominati altri due generali, Oleg Salyukov, comandante delle forze di terra, e Alexei Kim, vice capo di stato maggiore. Ai due potrebbe essere affidata l’apertura di nuovi fronti.
Va rilevato che fino a questo momento l’offensiva sull’asse di Bakhmut (Artemovsk) è stata condotta essenzialmente dalla compagnia militare privata Wagner e dagli uomini della Repubblica di Luhansk.
Il grosso delle forze russe attualmente opera in assetto meramente difensivo, o è inutilizzato.
Avendo portato a termine la mobilitazione parziale, avendo dispiegato ingenti quantità di uomini e mezzi lungo vari assi, e avendo ridefinito la catena di comando, Mosca è pronta per una nuova possibile offensiva su almeno uno di quattro possibili assi, oppure per un progressivo rafforzamento dell’offensiva già in corso.
In realtà nessuno sa quali siano i reali piani dello Stato maggiore russo, e questo stato di incertezza fa chiaramente parte della strategia di Mosca.
Ma è probabile che si vada verso un inasprimento del conflitto, dopo che il Cremlino ha definitivamente abbandonato le speranze di risolvere la questione con una mera operazione ibrida (ovvero con l’SMO avviata lo scorso febbraio).
Le crescenti difficoltà delle forze armate ucraine
Incapaci di compiere ulteriori controffensive sul terreno, le forze armate ucraine stanno ricorrendo sempre di più ad operazioni di grande impatto mediatico ma di scarsa rilevanza militare.
In questa categoria rientrano gli attacchi con droni alla base aerea di Engels in territorio russo, ma anche l’attacco con missili HIMARS a Makeyevka, in Donbass, che ha ucciso poco meno di un centinaio di riservisti russi.
Sui crescenti problemi dell’esercito ucraino va segnalata l’analisi di Alex Vershinin, del Royal United Services Institute for Defence and Security Studies (RUSI, think tank britannico e atlantista), già autore di un importante studio sulle inadeguatezze dell’industria bellica occidentale nell’attuale conflitto.
Vershinin rileva che la guerra di manovra degli ucraini è ostacolata da 2 fattori:
1) la limitata quantità di munizioni di artiglieria e la ridotta produzione di materiale bellico
2) considerazioni legate alla coalizione che sostiene Kiev
L’Ucraina iniziò la guerra con 1.800 pezzi di artiglieria di calibro sovietico. Essi permettevano di sparare 6.000-7.000 proiettili al giorno, contro i 40.000-50.000 dei russi. Questa artiglieria è ormai a corto di munizioni o fuori uso.
Al suo posto l’Ucraina sta usando 350 pezzi di artiglieria di calibro occidentale. Molti dei quali sono stati distrutti o sono fuori uso per l’utilizzo eccessivo. Intanto le stesse nazioni occidentali stanno esaurendo le loro munizioni.
Si stima che gli USA attualmente producano un massimo di 15.000 proiettili da 155mm al mese. La produzione dovrebbe salire a 40.000 al mese entro il 2025 (equivalenti ad appena 1.300 proiettili al giorno).
Ciò obbliga l’Ucraina ad affidarsi a massicce formazioni di fanteria votate a riconquistare territorio ad ogni costo (di fatto una strategia suicida).
Kiev semplicemente non è all’altezza delle capacità di artiglieria russe.
Il secondo fattore che limita lo sforzo bellico ucraino è il fatto di essere totalmente affidato alla sfilacciata coalizione occidentale che lo sostiene. Oltre ad aggravare i problemi logistici, senza una costante serie di vittorie questa coalizione è sempre sul punto di perdere coesione.
Ciò obbliga gli ucraini a lanciare nuovi attacchi a prescindere dal costo in termini di uomini e materiali. Il tallone d’Achille di questa strategia sono proprio gli uomini, sostiene Vershinin. L’Ucraina ha iniziato la guerra con 43 milioni di cittadini di cui 5 milioni di uomini in età militare.
Ma, secondo l’ONU, 14,3 milioni di ucraini hanno lasciato il paese. Altri 9 milioni si trovano in Crimea e in altri territori controllati dai russi. Ciò significa che al governo di Kiev resta una popolazione di 20-27 milioni e meno di 3 milioni di uomini arruolabili.
Un milione è già stato arruolato, e fra quelli che rimangono molti non sono fisicamente in grado di svolgere il compito oppure occupano posizioni vitali nell’economia del paese. Per farla breve, l’Ucraina si troverà presto a corto di uomini.
A ciò che scrive Vershinin possiamo aggiungere che Kiev è ormai totalmente dipendente dall’Occidente per finanziare il proprio governo. Nel 2022 si stima che l’Ucraina abbia subito una contrazione del PIL pari al 35-40%.
A novembre il governo ha stimato un deficit di bilancio di 38 miliardi di dollari per il 2023. E questo per i servizi essenziali, e senza tener conto degli ulteriori costi prodotti successivamente dalla campagna missilistica russa contro la rete elettrica.
Quest’ultima, a sua volta, impone dei costi non soltanto sulla popolazione civile ma anche sull’esercito, accrescendone le difficoltà logistiche, ostacolandone i trasporti, aumentando il ricorso ai generatori e quindi il consumo di carburante.
Di questo passo, il collasso dell’esercito e dello stato ucraino prima o poi sarà inevitabile, e l’Occidente non ha i mezzi militari e le risorse finanziarie per impedirlo, a meno di non volersi impegnare in un conflitto diretto con la Russia.
Rifondare l’economia americana? Biden sta perdendo la sfida
Il fallimento americano si riassume in due cifre:
- 985 miliardi di dollari in 10 anni per risollevare l’America
- 1.720 miliardi in 2 anni (2022, 2023) in spese militari
Verso la fine della crisi pandemica, la Casa Bianca aveva affermato che era “il momento di reinventare e ricostruire una nuova economia”. Non si trattava solo di riemergere dalla crisi, ma di rifondare l’economia americana (building back better).
Non si trattava di applicare misure a breve termine, ma di implementare proposte infrastrutturali pluriennali e multimiliardarie. Il totale previsto per tali progetti ammontava a 4,5 trilioni di dollari in 10 anni.
Ma il massiccio intervento economico guidato dallo stato a cui molti speravano di assistere per l’emergenza climatica e infrastrutturale in realtà è avvenuto solo per l'industria delle armi.
Il piano infrastrutturale si è ridotto ai 548 miliardi dell’ Infrastructure Investment and Jobs Act, a cui vanno sommati i 437 miliardi dell’ Inflation Reduction Act. Il tutto fino al 2031. La spesa militare per il solo 2023 ammonta (finora) a 898,4 miliardi.
Dedollarizzazione come imperativo: la banca centrale russa sta abbandonando il dollaro e acquisterà yuan cinesi sul mercato dei cambi
In meno di un anno, lo yuan ha rapidamente sostituito il dollaro come valuta estera più ricercata a Mosca.
Secondo la Reuters, i volumi di scambio giornalieri yuan-rublo alla borsa di Mosca in alcuni giorni già superano gli scambi dollaro-rublo, e questa tendenza dovrebbe crescere nel 2023.
La Reuters ha rivelato che la quota di scambi in yuan sul mercato valutario russo è aumentata dall'1% al 40-45% in meno di 1 anno.
Allo stesso tempo, gli scambi in dollari sono calati dall'80% al 40% del volume di scambi alla Borsa di Mosca.
La Russia è diventata il quarto centro offshore al mondo per gli scambi in yuan: un cambiamento drastico, considerando che all'inizio del 2022 non era nemmeno tra i primi 15.
Chi volesse approfondire il tema della dedollarizzazione può leggere qui.