L’Ucraina come paese pilota della Quarta rivoluzione industriale sponsorizzata dal WEF
Nella guerra, il WEF e le Big Tech americane si mobilitano al fianco di Zelensky
Uno degli aspetti forse meno noti dell’Ucraina è quello di essere un “paese pilota” a livello mondiale nel processo di digitalizzazione di numerosi aspetti della vita dei cittadini. Nel pieno della guerra, il governo ucraino sta lavorando alacremente per realizzare uno degli elementi chiave della cosiddetta Quarta rivoluzione industriale.
Una forma di identità digitale, comprendente carta di identità, passaporto biometrico, patente di guida, status vaccinale, contratti assicurativi, assistenza sociale e sanitaria, fiscalità digitale, è in fase avanzata di implementazione.
L’ambizioso piano del governo è di digitalizzare tutti i servizi pubblici entro il 2024, adottando il modello del cosiddetto “paperless office”, ovvero abolendo totalmente ogni certificazione cartacea.
Tutti i servizi verranno forniti da un’unica app digitale, annunciata alla fine del 2019 e già attiva, chiamata Diia. In ucraino la parola significa “azione”, ma è anche acronimo di “derzhava i ia” – “Lo Stato ed io”. L’app è attualmente utilizzata da 14 milioni di cittadini, oltre un terzo della popolazione prebellica.
L’agenda digitale ricevette enorme impulso in Ucraina dopo l’elezione alla presidenza di Volodymyr Zelensky. Egli creò il Ministero per la trasformazione digitale nell’agosto del 2019, alla cui guida pose Mykhailo Fedorov.
Già fondatore di una startup di marketing digitale, Fedorov fu poi responsabile degli aspetti tecnologici della campagna presidenziale di Zelensky, improntata a un uso massiccio dei social media (Facebook, Instagram, Telegram, YouTube) e della televisione.
Nel 2021, il ministero guidato da Fedorov ha annunciato l’adozione di certificati vaccinali e passaporti sanitari tramite l’app Diia, sebbene la popolazione ucraina continui a manifestare una diffidenza nei confronti dei vaccini anti-Covid che è fra le più alte in Europa.
Nel dicembre del 2021, il governo ha addirittura lanciato una prima forma di credito sociale, introducendo il programma ePidtrymka, tramite il quale i cittadini di età superiore ai 14 anni che si sottopongono alla “piena vaccinazione” possono ricevere 1.000 hryvnia ucraine (pari a 35 dollari al momento del lancio del programma).
Zelensky, il presidente “digitale”
Il “fervore” per le nuove tecnologie emerse come elemento dominante della coppia Zelensky-Fedorov fin dalle prime battute della campagna presidenziale, condotta all’inizio del 2019 secondo le più moderne tecniche della comunicazione.
Il team guidato da Fedorov fece di Zelensky un vero e proprio “marchio” al centro della campagna “e-Ze” (“e-Zelensky”) sui social media. I cosiddetti “ZeBots” diffondevano il suo logo ovunque. Attivisti online, chiamati “Ze Lyudy” (“la gente di Zelensky”), promuovevano i suoi slogan e contrastavano gli oppositori su Twitter, Facebook e Telegram.
Comico di professione, showman, attore e protagonista della nota serie televisiva “Servitore del popolo” (in cui un insegnate di storia viene inaspettatamente eletto presidente dell’Ucraina), Zelensky diede lo stesso nome della serie al suo neonato partito.
Il canale televisivo “1+1”, sul quale andava in onda il programma, divenne il megafono della sua campagna elettorale. Il canale apparteneva all’oligarca Ihor Kolomoisky, uno degli uomini più ricchi del paese, magnate del gas e della metallurgia.
Membro della comunità ebraica, ma allo stesso tempo con simpatie per l’estrema destra ucraina (al punto da finanziare i gruppi paramilitari neonazisti Azov, Aidar e Dnipro), Kolomoisky era caduto in disgrazia sotto la presidenza Poroshenko (che aveva presieduto alla nazionalizzazione della Privatbank, cuore finanziario del suo impero), ed aveva trascorso un lungo esilio in Israele.
Numerosi parlamentari del neonato partito di Zelensky sono stati designati direttamente da Kolomoisky, a cui l’attuale presidente ucraino deve praticamente per intero l’ascesa politica. Tale ascesa sembra il frutto di un’attenta operazione mediatica e di marketing studiata nei minimi dettagli.
Business e Big Tech
Dopo l’insediamento del nuovo governo, sia Zelensky che Fedorov hanno intrecciato uno stretto rapporto con il World Economic Forum (Wef), polo di attrazione dell’élite economica globale, e uno dei grandi sponsor internazionali della Quarta rivoluzione industriale e dell’introduzione dell’identità digitale.
In un discorso pronunciato nel gennaio 2020 presso il Forum, Zelensky ha esposto il suo sogno di una Silicon Valley dell’Europa dell’Est che avrebbe trasformato il suo paese in una “Mecca degli investimenti”.
I principali programmi dedicati dal Wef all’Ucraina tuttavia precorrono l’arrivo di Zelensky alla presidenza. “Scenarios for Ukraine - Reforming institutions, strengthening the economy after the crisis”, e la “Geneva Ukraine Initiative”, risalgono al 2014, all’indomani del golpe di fatto che insediò un governo filo-occidentale a Kiev. La “New Economic Vision for Ukraine” si sarebbe aggiunta l’anno successivo.
Alla fine del 2014, il nuovo governo ucraino venne praticamente designato da Washington.
Due società globali di “cacciatori di teste”, Pedersen & Partners e Korn Ferry, individuarono una rosa di 24 candidati, molti dei quali appartenenti alla diaspora ucraina in Canada, Regno Unito e Stati Uniti.
L’intero processo venne supportato dalla Renaissance Foundation, una società di consulenza politica che a sua volta fa capo alla Open Society Foundations, creata dal miliardario americano di origine ungherese George Soros. Quest’ultima è attiva a Kiev dall’aprile del 1990, cioè ancor prima dell’indipendenza dell’Ucraina (avvenuta l’anno successivo).
Assieme alla United States Agency for International Development (Usaid) e al National Endowment for Democracy (Ned), la Open Society Foundations ebbe un ruolo nell’organizzare sia la Rivoluzione arancione del 2004 che le proteste di Maidan a Kiev nel 2014. Da notare che, fra l’altro, il Soros Fund Management della famiglia Soros è un partner di spicco del Wef.
Passare dalla sfera d’influenza russa a quella occidentale per l’Ucraina significò anche affidarsi alle cure dell’Fmi, che prevedevano austerità e liberalizzazioni. Già prima dell’arrivo di Zelensky, il paese, pur conservando la precedente struttura oligarchica del potere, si era aperto al business occidentale.
Nel gennaio 2019, lo spazio di “Casa Ucraina” apriva i battenti a Davos, la sede del Wef in Svizzera, mostrando all’Occidente le opportunità di investimento nel paese.
Con Zelensky, sono arrivati anche i primi accordi con le grandi compagnie tecnologiche americane.
Alla fine del 2021, Apple ha firmato un memorandum d’intesa con il Ministero per la trasformazione digitale al fine di assistere l’Ucraina a svolgere il prossimo censimento, previsto per il 2023. Il tutto attraverso un ulteriore upgrade dell’app Diia e puntando all’implementazione del “paperless office”.
Un anno prima, il ministero aveva raggiunto un accordo analogo con Microsoft per facilitare la transizione digitale, in particolare attraverso la realizzazione del cloud nel paese.
Al 2020 risale anche il lancio del concetto della “Diia City”, un modello digitale di zona economica speciale con agevolazioni fiscali per le compagnie tecnologiche. Nell’ottobre 2021 si è poi svolto il Kyiv International Economic Forum, a cui hanno preso parte attori del calibro dell’European Investment Bank, McKinsey, BlackRock Investment Institute, Wef, ed altri.
Un’inquietante finestra sul futuro
Con lo scoppio della guerra, l’intero ecosistema per la digitalizzazione del paese ha trovato un’immediata applicazione bellica.
Il ministero di Fedorov si è mobilitato per arruolare hacker “volontari” in grado di compiere cyber-attacchi contro obiettivi russi, ed ha cominciato ad accettare donazioni in criptovalute a sostegno dell’esercito.
Sono poi stati creati dei chatbot (essenzialmente dei software con cui si interagisce come se si stesse conversando con una persona reale) per permettere ai cittadini di segnalare gli spostamenti delle truppe russe.
Gli Usa (attraverso Usaid), Microsoft e l’Ue hanno fornito supporto nel campo della cyber-sicurezza. Persino il Wef ha ritenuto di dare il proprio contributo simbolico in materia.
L’imprenditore statunitense Elon Musk ha addirittura messo a disposizione il suo sistema satellitare Starlink, non solo per migliorare la connettività internet nel paese, ma per aiutare i droni ucraini a distruggere carri armati ed altri mezzi militari russi.
Tutta questa collaborazione tecnologica, e l’intensa spinta verso la digitalizzazione, tuttavia, non hanno portato in questi anni verso una democratizzazione del paese, né hanno aiutato gli ucraini ad uscire dalla povertà nella quale tuttora si dibattono pur abitando una terra estremamente ricca di risorse e materie prime.
Piuttosto, l’Ucraina sembra essere divenuta terra di conquista delle Big Tech americane, prima ancora che dei russi. L’applicazione bellica dei nuovi sistemi digitali apre un’inquietante finestra su un futuro che alcuni potrebbero definire distopico.