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Ho letto, molto interessante. Certo che la suddivisione dell'Old Party nelle three foreign policy tribes non lascia presagire nulla di buono. L'aggressività dei PRIMACISTS è spaventosa.

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Infatti, gli USA non si capacitano di veder ridimensionata la loro egemonia e il loro dominio politico/economico/militare; non riescono ad elaborare un'opzione diversa dei rapporti mondiali, e questo perché la loro visione della società è ossessivamente imperniata su un soddisfacimento materiale, quasi edonistico, dei bisogni dei loro cittadini. Se i dem sono molto più ossessionati dalla Russia, a mio avviso, lo si deve ad un retaggio storico essendo il partito dem caratterizzato da step di ricambio politico abbastanza lineari ed uguali a sè stessi. Diverso il discorso del GOP poiché l'avvento di Trump ha scardinato molti dei paradigmi storici tipici; infatti, Trump con il suo Make America Great Again ha apparentemente ridotto l'impatto ideologico per evidenziare quello economico. E chi é che rappresenta il maggio pericolo per la loro economia: la Cina.

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Certamente. Ma, al di là di Trump, l'ostilità dei repubblicani nei confronti della Cina ha anche una base storica. Probabilmente anche perché hanno meno legami economici con Pechino. I dem, invece, e la base economica che tradizionalmente li supporta (penso a Big Tech, ma non solo), vedono nella Cina anche un'opportunità per fare affari.

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Nell'abbandono del Washington Consensus, Biden gioca la stessa carta di Trump, meno rozzamente, ma la sostanza è uguale. Le manovre nel Mar Cinese meridionale sono ben più di avvisaglie di una crisi che sfocerà in un confronto vero, di quale gravità ora non è dato sapere. Se la Russia ottiene rapidamente, e questo è essenziale nelle strategie future, una vittoria in Ucraina, si consoliderà l'unione con la Cina. A quel punto, gli USA saranno all'angolo con due precise opzioni: guerra mondiale o patto globale per un mondo diverso.

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Si dimostra che alcune scelte degli USA sono dettate più dalla situazione economica e geopolitica del paese che non dalle differenze fra i due partiti. Sebbene i democratici tendano ad essere più ossessionati dalla Russia, e i repubblicani più dalla Cina.

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Grazie per questa analisi lucida e corretta, anche se forse parlare di "ripudio" del neoliberismo è un po' troppo. Credo si tratti più di un adattamento pragmatico. Notevole come un'analisi di questo tipo sia mancata sui giornaloni (forse fa eccezione il Foglio che parlò di Sullivan), per fortuna abbiamo Iannuzzi.

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Grazie a te, Sergio, per il gentile e utile commento, che aiuta a fare chiarezza su alcuni punti del mio articolo (a volte il tempo è un po' tiranno, e la fretta non permette di dare il dovuto risalto a certe sfumature).

Hai ragione, quando parlo di "ripudio" avrei dovuto aggiungere "formale, e non sostanziale". Si tratta infatti di un adattamento pragmatico, come hai giustamente sottolineato, e come ho provato a specificare nel sottotitolo: "è una mossa contro la Cina, non un vero ripensamento delle politiche che hanno messo in crisi l’Occidente".

Chiarisco il concetto verso la fine dell'articolo (ma, come hai giustamente rilevato tu, forse non con la dovuta enfasi) quando scrivo:

"Non c’è tuttavia da attendersi una sorta di 'riscoperta del socialismo' da parte dell’amministrazione Biden, o l’enunciazione di una nuova visione universale, ma qualcosa di ben più ristretto: la formulazione di una strategia utilitarista volta a cercare di preservare il primato statunitense."

(dunque, è proprio un adattamento pragmatico, come hai correttamente osservato)

Nell'articolo aggiungo che:

"Siamo di fronte al tentativo di individuare misure che prevengano la disgregazione della società americana in patria, e del sistema di alleanze su cui si fonda il blocco occidentale al livello internazionale. Sul successo di un simile tentativo si possono avanzare molti dubbi, visto che l’introduzione di dazi e sussidi va a scapito degli alleati, e che non si affronta lo squilibrio fra capitale e lavoro in patria."

"Sul fronte interno, l’amministrazione Biden ha mostrato un interesse preponderante per misure di politica industriale a detrimento di qualsiasi iniziativa seria di politica sociale."

Dunque, grazie mille per l'utile puntualizzazione che mi ha permesso di sottolineare meglio questo punto, forse lasciato un po' in ombra dall'articolo!

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A cosa si riferisce quando scrive di ostilità storica dei repubblicani verso la Cina?

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E' una diffidenza che storicamente è più radicata innanzitutto nella base repubblicana rispetto a quella democratica:

https://www.pewresearch.org/short-reads/2020/07/30/republicans-see-china-more-negatively-than-democrats-even-as-criticism-rises-in-both-parties/

Anche quest'altro documento è interessante:

https://globalaffairs.org/sites/default/files/2021-12/Final%20China%20Brief.pdf

Ma questa diffidenza si riflette anche nei vertici del partito, anche nelle correnti non trumpiane, o che lo sono diventate per opportunismo. Quelle più isolazioniste considerano la Cina una minaccia da cui guardarsi. Quelle che invece hanno le predilezioni egemoniche tipiche dell'establishment USA considerano Pechino l'avversario da battere.

https://ecfr.eu/article/polarised-power-the-three-republican-tribes-that-could-define-americas-relationship-with-the-world/

Durante la sua presidenza, Trump ha comunque dovuto circondarsi in parte di esponenti di questo establishment, che più volte gli hanno forzato la mano, sia riguardo alla Russia che riguardo alla Cina.

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