A che punto è la nuova cortina di ferro in Europa
Nei piani di USA, NATO e UE, una nuova linea di demarcazione fra Russia e Occidente dovrebbe estendersi dal Baltico al Mar Nero e al Caucaso. Ma non è detto che i conti tornino.
Il conflitto in Ucraina non sembra andare secondo i calcoli occidentali, ma i vertici di Stati Uniti, NATO e UE stanno pianificando un futuro ordine europeo che va al di là della guerra in corso.
La controffensiva ucraina, lungamente attesa e più volte rinviata, sembra essere ormai partita, sebbene le prime battute non siano incoraggianti per lo schieramento occidentale. Le forze di Kiev, prive di copertura aerea, hanno subito ingenti perdite di uomini e mezzi senza intaccare significativamente la prima linea difensiva russa.
Ma mentre i combattimenti infuriano sul terreno, al di fuori del paese è l’attività diplomatica ad animarsi in una serie di incontri politici, vertici e conferenze in varie parti del continente al fine di stabilire non solo il futuro assetto dell’Ucraina, bensì quello dell’intera Europa, all’insegna di una netta ostilità nei confronti della Russia.
Spostamento a Est degli equilibri europei
Dal GLOBSEC Forum di Bratislava, al vertice della Comunità Politica Europea (EPC) in Moldova, alla visita del segretario di Stato USA Antony Blinken a Helsinki, si moltiplicano gli sforzi destinati a convergere nel vertice NATO di Vilnius, in Lituania, l’11 e il 12 luglio.
Il semplice elenco di queste località fa capire come il baricentro politico del continente si sia spostato verso Est, di pari passo con il rinnovato impulso che i vertici di NATO e UE intendono dare al processo di allargamento sia dell’Alleanza che dell’Unione.
A ciò si affianca l’inedito protagonismo di paesi dell’Est come Polonia, Romania, Repubblica Ceca, e le tre repubbliche baltiche, e l’ingresso nella NATO, già avvenuto (Finlandia) o probabilmente imminente (Svezia), di due paesi a lungo neutrali ma centrali nelle vicende del Mar Baltico.
A dettare la linea generale sono stati Antony Blinken da Helsinki e la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen da Bratislava: nessun cessate il fuoco fino a quando l’Ucraina non avrà riconquistato almeno parte dei territori perduti, e fermo sostegno a Kiev “per tutto il tempo necessario”.
“Un cessate il fuoco che semplicemente congeli le attuali linee sul terreno, e consenta a Putin di consolidare il controllo sul territorio che ha sottratto...legittimerebbe l'accaparramento di suolo da parte della Russia. Ricompenserebbe l'aggressore e punirebbe la vittima", ha affermato Blinken.
Secondo i piani occidentali, una nuova Europa, “impermeabile” alla Russia, deve invece prendere forma, dal Baltico trasformato in un “lago NATO”, all’Ucraina riforgiata sul modello israeliano in una sorta di stato-guarnigione pronto a rispondere ad ogni aggressione russa, alla Moldova accolta in seno all’Unione, al pari dei Balcani occidentali, e possibilmente della Georgia.
Il bizzarro atlantismo “indipendente” di Macron
Forse il più chiaro segnale di uno spostamento degli equilibri verso Est lo ha dato il presidente francese Emmanuel Macron al GLOBSEC di Bratislava, rivolgendosi alla platea di partecipanti dell’Europa orientale.
Contraddicendo le parole del suo predecessore Jacques Chirac, il quale nel 2003 aveva detto ai paesi dell’Est che avevano “perso un’opportunità per tenere la bocca chiusa” in riferimento al loro sostegno all’intervento americano in Iraq, l’attuale inquilino dell’Eliseo ha affermato: “abbiamo anche perso delle opportunità di ascoltarvi”. Macron si riferiva in questo caso ai ripetuti ammonimenti dei paesi dell’Est sulle presunte mire imperialiste della Russia e del suo presidente Vladimir Putin.
Pur di promuovere anche a Est la sua idea di un’Europa relativamente indipendente da Washington in materia di sicurezza collettiva, il presidente francese sembra aver rinnegato le sue precedenti aperture nei confronti di Mosca, abbracciando la linea occidentale più intransigente.
“Se accettiamo un cessate il fuoco o un conflitto congelato [in Ucraina], il tempo sarà dalla parte della Russia”, ha affermato Macron davanti alla platea del GLOBSEC.
Il leader francese vuole un’Europa più autosufficiente nel settore della difesa, ma non considera più la NATO “in uno stato di morte cerebrale”, come aveva dichiarato nel 2019. “Putin ha risvegliato [la NATO] con il peggior elettroshock”, ha affermato a Bratislava.
Macron è anche fra i promotori dell’idea di un “vertice di pace” europeo sull’Ucraina, da tenersi prima del vertice NATO di Vilnius. Singolarmente, a questo incontro non è prevista la partecipazione della Russia, ma esso dovrebbe promuovere agli occhi del resto del mondo una versione leggermente modificata del piano in 10 punti proposto dal presidente ucraino Zelensky.
Un’altra creatura di Macron è la Comunità Politica Europea (EPC), annunciata nel maggio del 2022 come un modo per promuovere simultaneamente sia l’allargamento che il consolidamento dell’UE. Essendo i francesi sostenitori tutt’altro che entusiasti del processo di allargamento, l’EPC è stata vista da alcuni come un tentativo di ostacolarlo. Tuttavia, al primo incontro tenutosi a Praga nell’ottobre 2022 hanno preso parte ben 44 paesi.
La Moldova “cuore politico dell’Europa”
E’ stato deciso che i partecipanti all’EPC si riuniranno ogni sei mesi, e il paese ospitante sarà alternativamente un membro dell’UE e un paese esterno all’Unione. Per il secondo vertice, a cui hanno preso parte 49 leader europei, è stata dunque scelta la Moldova.
L’incontro si è tenuto simbolicamente a Bulboaca, località moldava a pochi chilometri dalla regione separatista della Transnistria (dove è presente un contingente russo) e dal confine ucraino.
Il messaggio che i partecipanti hanno inteso lanciare è stato quello di una “unanime solidarietà” europea nei confronti della Moldova (dove una parte consistente della popolazione nutre tuttavia simpatie russe) e della vicina Ucraina, il cui presidente Zelensky era presente all’incontro.
Alla vigilia del vertice, Ursula von der Leyen, che ha definito la Moldova il “cuore politico dell’Europa”, ha annunciato un nuovo pacchetto finanziario a sostegno del paese (che include fra l’altro 50 milioni di euro per la modernizzazione delle ferrovie, e 40 milioni per il rafforzamento delle forze armate). Tale pacchetto, sommato ai precedenti, porta lo sforzo europeo a sostegno di Chisinau ad un valore di 1,6 miliardi di euro.
La Moldova aveva ottenuto insieme all’Ucraina lo status di candidato all’ingresso nell’UE la scorsa estate, dopo che forze “europeiste” avevano vinto le elezioni presidenziali e parlamentari. Parimenti, la presidente della Commissione ha sottolineato la necessità di accelerare il processo di adesione di Albania e Macedonia del Nord, ed in generale dei paesi dei Balcani occidentali.
Dal canto suo, la presidente moldava Maia Sandu ha espresso al vertice la propria fiducia nel fatto che il rafforzamento dell’economia della Moldova rappresenterà il migliore strumento per favorire la reintegrazione della Transnistria, le cui esportazioni sono in gran parte dirette verso l’UE (50%) o verso la Moldova propriamente detta (20%).
Un “lago NATO”
Da Helsinki Blinken ha dato il benvenuto alla Finlandia all’interno della NATO in attesa che si materializzi anche l’adesione della vicina Svezia, finora ostacolata dal diniego di Ungheria e Turchia. I responsabili dell’Alleanza sono fiduciosi che la questione possa risolversi al più tardi al vertice di Vilnius.
Secondo Blinken, la Russia sarebbe più isolata che mai. Sebbene ciò sia falso a livello internazionale, dove gran parte dei paesi del cosiddetto “Sud del mondo” si è rifiutata di abbracciare le posizioni e le sanzioni occidentali, l’affermazione del segretario di Stato USA corrisponde invece alla nuova realtà nel Baltico.
Se il presidente turco Erdogan darà infine il nullaosta alla Svezia, questo mare cesserà definitivamente di essere uno spazio neutrale per trasformarsi in un “lago NATO” in cui il porto di San Pietroburgo, seconda città della Russia, si troverà ad essere circondato da tutti i lati da paesi membri dell’Alleanza.
Riguardo all’Ucraina, Blinken ha offerto un’ambiziosa visione sulle future capacità militari di Kiev: "L'America e i nostri alleati stanno contribuendo a soddisfare le esigenze dell'Ucraina sull'attuale campo di battaglia, mentre sviluppano una forza che può scoraggiare e respingere l'aggressione [russa] per gli anni a venire".
Blinken ha aggiunto che "ciò significa aiutare a costruire un esercito ucraino del futuro, con finanziamenti a lungo termine, una possente forza aerea incentrata su moderni aerei da combattimento, una rete integrata di difesa aerea e missilistica, carri armati e veicoli corazzati avanzati, una capacità nazionale di produrre munizioni, così come l'addestramento e il supporto per mantenere le forze e le attrezzature pronte al combattimento".
L’Ucraina come Israele
Il modello di sicurezza proposto da Blinken per l’Ucraina è stato paragonato da altri al “modello israeliano” nel quadro del dibattito in corso negli ambienti NATO in vista del vertice di Vilnius.
Sia gli ambienti più belligeranti all’interno dell’establishment americano, che diversi paesi dell’Est, stanno moltiplicando le pressioni affinché Kiev venga ammessa a pieno titolo nei ranghi dell’Alleanza a Vilnius. Sebbene questa prospettiva rimanga al momento abbastanza remota, molti membri NATO stanno spingendo affinché a Kiev venga concessa una roadmap per l’adesione, o quantomeno vengano offerte solide garanzie di sicurezza in caso di una rinnovata “aggressione russa”.
E’ a questo proposito che assume rilevanza il cosiddetto “modello israeliano”. Israele è un paese che basa la propria difesa sulla capacità di mobilitare prontamente i propri cittadini al servizio nell’esercito ed allo svolgimento di compiti di sicurezza collettiva.
Pur non appartenendo alla NATO, Tel Aviv mantiene partnership nel settore della difesa con gli Stati Uniti, che forniscono un’abbondante assistenza militare, e con altri paesi con cui Israele scambia informazioni di intelligence, tecnologia e addestramento.
Un accordo di sicurezza con l’Ucraina sul modello israeliano garantirebbe a Kiev trasferimenti di armi e di tecnologia avanzata, rendendo l’Ucraina un paese integrato a tutti gli effetti con la NATO pur escludendo un intervento diretto dell’Alleanza nel caso di un nuovo scontro militare fra Kiev e Mosca.
Ricetta per una “guerra perpetua”
L’ipotesi del modello israeliano fu redatta lo scorso settembre da Andriy Yermak, collaboratore chiave di Zelensy, e dall’ex segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen. Ma l’idea originaria fu concepita già ad aprile dello scorso anno da Daniel Shapiro, ex ambasciatore americano presso Israele e membro di spicco dell’Atlantic Council.
Garanti di un simile patto di sicurezza dovrebbero essere Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania. Va però rilevato che in primo luogo non vi è unanimità fra i paesi membri dell’Alleanza sulla reale entità di queste garanzie di sicurezza (con la Francia, ad esempio, che sembra sorprendentemente disposta a spingersi più in là della Germania su questo terreno).
In secondo luogo, una simile misura rischia di essere una ricetta per un conflitto perpetuo con la Russia. Non va dimenticato, infatti, che fu la progressiva integrazione de facto (anche se non de jure) dell’Ucraina nelle strutture militari NATO a fornire una delle scintille scatenanti del conflitto attuale.
In generale, più si spingerà in direzione di un’adesione formale o reale di Kiev all’Alleanza, più Mosca sarà portata ad escludere ogni soluzione negoziata del conflitto in favore di una soluzione militare che rischia di vedere allungarsi la lista dei propri obiettivi.
I problemi della politica di allargamento UE
Vi è poi il processo di adesione dell’Ucraina all’UE che presenta problemi propri. La prospettiva di un percorso accelerato per Kiev non sembra praticabile. Ed anche se l’Ucraina dovesse ottenere l’accesso ai negoziati di adesione (attualmente le è riconosciuto solo lo status di candidato), va ricordato che paesi come Albania e Macedonia del Nord, che hanno avviato tali colloqui lo scorso luglio, ad oggi non hanno fatto particolari progressi.
In particolare, non vi è grande appetito nell’Unione per l’adesione di un paese tuttora in guerra, i cui confini sono oggetto di un’aspra disputa internazionale. Ma più in generale vi è il problema di come finanziare la nuova fase di allargamento dell’UE. Ad oggi solo cinque membri UE sono contributori netti al bilancio dell’Unione. Una situazione evidentemente non più sostenibile, che apre l’interrogativo se i paesi dell’Europa centrale e orientale saranno disposti a pagare il conto di un ulteriore allargamento.
Problemi non dissimili rendono la prospettiva di un’adesione della Moldova ancor più remota, sostiene uno studio dell’americano Wilson Center. Lo studio tuttavia afferma che Chisinau non può permettersi un impegno svogliato da parte di Bruxelles, alla luce dell’influenza russa ancora molto forte nel paese. Gli autori sostengono che Bruxelles dovrà accrescere la “resilienza” moldava agli influssi di Mosca, e dare impulso al processo di adesione della Moldova ad ogni costo. Così facendo, questo studio tradisce il fatto che il processo di allargamento dell’EU, lungi dall’essere un affare interno europeo, è un interesse chiave di Washington per contenere l’influenza russa in Europa.
Non bisogna poi trascurare il caso di paesi come Serbia, Ungheria, Georgia (e forse la Slovacchia a partire dalle elezioni parlamentari del settembre 2023), i quali mal digeriscono le attuali politiche di allargamento di UE e NATO in chiave antirussa.
Tutto considerato, il fronte europeo ostile a Mosca presenta faglie e punti di fragilità. Costringere paesi come Moldova, Georgia, Ungheria e Serbia a schierarsi apertamente nello scontro fra Russia e Occidente, lungi dal compattare il fronte occidentale, e rafforzare la nuova cortina di ferro che si vuole disegnare in Europa, rischia di fomentare ulteriori tensioni e di aprire nuovi pericolosi focolai di conflitto destabilizzando ulteriormente il continente.
Infine vi segnalo qui di seguito alcune delle riflessioni che ho pubblicato nella sezione “Notes” (la nuova sezione social di substack, consultabile al link posto centralmente in alto nella homepage della newsletter):
La tanto annunciata controffensiva ucraina sembra essere iniziata
Distrutta nella notte la strategica diga di Nova Kakhovka in Ucraina
L’opacità che caratterizza i processi decisionali della NATO
Perché l’annunciata controffensiva ucraina non si è ancora materializzata?
Gli importanti retroscena dei gravi incidenti verificatisi in Kosovo
ma sul serio glI ucraini sono così stupidi da paragonarsi a Tsahal?