Il riarmo tedesco riporta l’Europa indietro di un secolo
Per ricostruire l’esercito tedesco ci vorranno anni, ma tale decisione segna uno spartiacque che cambierà il volto della Germania. E dell’Europa.

BREVE NOTA DI SERVIZIO: La prossima settimana, la newsletter non uscirà perché dovrò sottopormi a un piccolo intervento chirurgico (nulla di grave). Spero di riuscire a riprendere regolarmente già dalla settimana successiva.
L’annunciato riarmo tedesco riporta il vecchio continente a logiche di potenza per lungo tempo dimenticate, in un quadro di tensioni e squilibri europei, oltre che di aspra contrapposizione con la Russia, di certo non benaugurante per il futuro dell’Europa.
Paesi come Gran Bretagna, Francia e Polonia intendono seguire l’esempio tedesco, altri assistono preoccupati.
L’idea di un rafforzamento dell’esercito tedesco in realtà non è nuova. Essa risale all’annuncio della cosiddetta “svolta epocale” (Zeitenwende) da parte di Olaf Scholz, predecessore dell’attuale cancelliere, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022.
Due anni dopo quell’annuncio, tuttavia, il German Council on Foreign Relations aveva pubblicato un rapporto nel quale si affermava che la “svolta” non c’era stata.
Ma con l’arrivo di Friedrich Merz al cancellierato le cose paiono cambiate. Innanzitutto egli ha riformato il tetto del debito – una novità senza precedenti nella politica fiscale tedesca, che permette di sbloccare centinaia di miliardi di euro in spese per la difesa.
Questo flusso di denaro servirà anche a finanziare il già cospicuo sostegno a Kiev (la Germania è il secondo fornitore di aiuti militari all’Ucraina dopo gli Stati Uniti).
Per ricostruire l’esercito tedesco ci vorranno anni, e andranno superati ostacoli interni, ma tale decisione segna comunque uno spartiacque che cambierà il volto della Germania. E dell’Europa.
Nel suo discorso di investitura al Bundestag, lo scorso 14 maggio, Merz ha promesso di trasformare le forze armate tedesche nel “più forte esercito convenzionale d’Europa”, una decisione che infrange un tabù storico.
Il riarmo tedesco è stato un tema proibito in tutto il dopoguerra a seguito della catastrofica esperienza del nazismo. Anche dopo la riunificazione del 1990, la Germania ha dato priorità alla propria influenza economica rispetto a quella militare.
Malgrado ciò, Merz ha definito la decisione di investire massicciamente nella difesa “più che appropriata per il paese più popoloso ed economicamente più forte in Europa”.
Egli si è spinto a sostenere che “i nostri amici e partner […] ce lo stanno chiedendo”. Una tesi che può valere per gli Stati Uniti di Trump, il quale ha chiesto agli alleati europei di spendere fino al 5% del Pil per la difesa, ma che certo non si attaglia a diversi paesi continentali che sono impensieriti dalla prospettiva del riarmo tedesco.
Tanto più che il corrispondente piano di spesa militare promosso dall’Unione Europea favorisce chi ha già le risorse finanziarie (come la Germania), mentre gli altri paesi potranno investire nella difesa solo al prezzo di tagliare altre voci di bilancio.
A reagire più duramente, alla luce dei trascorsi storici, è stata in ogni caso la Russia. Il ministro degli esteri Sergei Lavrov ha definito “preoccupante” il piano di riarmo tedesco, aggiungendo che “molti hanno immediatamente ricordato il secolo scorso, quando la Germania divenne per due volte la principale potenza militare, e quanti problemi ciò provocò”.
L’irritazione russa è accentuata dall’atteggiamento chiaramente ostile a Mosca del cancelliere Merz.
Appena insediatosi, egli ha mostrato un grande attivismo in politica estera visitando numerose capitali europee per discutere della “minaccia” di quella che ha definito una “Russia militante e revisionista”.
Merz si è recato a Kiev ed ha accolto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Berlino. Egli ha ventilato la possibilità di fornire all’Ucraina i missili Taurus a lunga gittata (oltre 500 km) di produzione tedesca, salvo poi essere costretto ad una parziale marcia indietro di fronte alle resistenze interne al suo stesso governo.
In alternativa, Berlino e Kiev hanno firmato un memorandum d’intesa per la produzione di missili a lunga gittata in territorio ucraino sulla base di tecnologia tedesca. L’accordo si inserisce nel quadro di un pacchetto da 5 miliardi di euro con il quale Berlino finanzierà l’industria bellica ucraina.
Queste notizie hanno suscitato aspre reazioni a Mosca. Il presidente della Commissione Difesa della Duma, Andrei Kartapolov, ha dichiarato che la Russia colpirebbe obiettivi in territorio tedesco qualora Berlino dovesse dar seguito alla minaccia di consegnare i Taurus a Kiev.
Nel frattempo, il 22 maggio, Merz si era recato in Lituania per inaugurare la prima brigata tedesca stabilmente dispiegata all’estero dalla fine della seconda guerra mondiale. Essa dovrebbe contare 5.000 uomini entro il 2027.
Ed è proprio dal territorio lituano, non lontano dal confine russo, che il ministro della difesa tedesco Boris Pistorius ha parlato di una “Russia aggressiva e revisionista”, definendola la “principale minaccia alla sicurezza europea”.
Per un’amara ironia della storia, il quartier generale della brigata tedesca si trova a Nemenčinė, ad appena due chilometri dal luogo in cui i nazisti tedeschi e lituani massacrarono gran parte della popolazione ebraica della città nell’autunno del 1941.
Il massacro di Nemenčinė fu parte dello sterminio di massa degli ebrei della Lituania, dei quali meno del 5% sarebbe sopravvissuto.
Nessun accenno a quella drammatica pagina di storia è stato fatto dalle autorità tedesche e lituane il 22 maggio scorso.
Tuttavia, ricordare simili episodi sarebbe utile per non dimenticare come militarismo e intransigenza politica già in passato sprofondarono l’Europa nell’abisso.
Questo articolo è apparso sul Fatto Quotidiano
Spero di vivere abbastanza per vedere la morte dell'immondo Accidente in cui siamo finiti...
Non riesco davvero a capire come sia possibile che a distanza di meno di un secolo la Germania rifaccia gli stessi errori che portarono all'ascesa del nazismo hitleriano. Forse il paragone è eccessivo, ma mi preoccupa molto la percentuale di tedeschi, anche della classe lavoratrice che alle ultime elezioni in Sassonia e Turingia ha votato per Afd...la crisi economica del settore automotive a trazione Volkswagen, non può spiegare da sola la complessità di un fenomeno che per giungere in così pochi anni al grado di maturazione attuale deve avere radici molto profonde. Che poi sia un partito popolare di centro come quello del nuovo cancelliere tedesco Friederick Mertz, dopo la sfiducia del Bundestag al precedente governo di Sholtz, a levare le castagne dal fuoco alle destre, modificando addirittura la Costituzione per sbloccare i fondi per il riarmo è allarmante. Ancor più se si tiene in considerazione il fatto che nella sigla del Partito compare la parola Cristiano. Cristiano, per me che sono italiana, significa inequivocabilmente pacifista, contro ogni guerra. Contro un'economia di guerra. Riconvertire l'industria dal settore auto a quello dell'industria pesante, con le aggravanti dei missili atomici a lunga gittata, e delle nuove tecnologie di logistica su base AI, anche se i modelli di sviluppo di questa tecnologia, secondo gli esperti del settore prenderanno ancora molti anni, non è per nulla rassicurante. Si tratta, con la Polonia, anch'essa virata a destra per pochi voti, di una forza di impatto notevole nel cuore dell'Europa. Quell'Europa che i liberi pensatori, segregati dal regime fascista italiano a Ventotene, avevano sognato e immaginato autenticamente democratica, luogo di incontro di culture diverse sulla falsa riga del melting pot statunitense. Falsa perché in realtà la stratificazione razziale in America non ha dato nei secoli i risultati sperati, se dobbiamo farci un giudizio in base agli eventi all'opera sotto la presidenza Trump. Su base geostrategica globale, il mondo, salvo e per fortuna debite e numerose eccezioni, sembra virare verso regimi autoritari che mettono in secondo piano la libertà delle masse e degli individui, per affidare la gestione della cosa pubblica e dell'economia a gruppi di potere e pressione che, questo non è una novità, concentrano ricchezza e decisioni strategiche nelle mani inaffidabili di pochi. Svuotando dall'interno le istituzioni pensate dai padri Fondatori delle Carte Costituzionali, con pesi e misure diverse a seconda del percorso storico politico di ciascuna nazione. Intendo per istituzioni non solo i parlamenti ma anche e soprattutto i centri di formazione e ricerca come le università. Harvard, e il taglio dei fondi sotto ricatto, purghe, perché di questo si tratta, dei funzionari non in linea con le idee del nuovo imperatore statunitense. Qualche analista in questi giorni accennava a un revival del maccartismo.
E di nuovo, cosa stanno facendo le masse, esautorate dell'unico potere che alle masse è dato: cercare di riappropriarsi dell'organizzazione del lavoro ed esercitare il diritto di voto. Oggi Elon Musk ha chiaramente messo sotto gli occhi di tutti quella che, nel sistema americano, in cui nulla si fa senza fiumi di denaro, specie le campagne elettorali, ormai appare come un'ulteriore e accelerata degenerazione dell'intero compagine democratica con il tentativo di togliere definitivamente di mezzo quel sistema di check and balances, i pesi istituzionali, divisione dei poteri, che è alla base di ogni democrazia. Pur con i bias di deriva che si connotano più drammaticamente quando i fenomeni sociali raggiungono la massa critica. È evidente che in molti ci siamo distratti. Pensando che una conquista fosse data una volta per tutte. E ignorando i campanelli d'allarme, che a una più fine osservazione avrebbero rivelato il vero volto della reazione, anche sotto le mentite spoglie di figure di vertice insospettabili. Targate con i vessili del sistema democratico. In realtà già in preda a una metamorfosi che sul lungo periodo ha permesso la messa a terra, come si dice in gergo parlamentare, delle attuali, stridenti contraddizioni. È tempo di rimboccarsi le maniche e salvare il salvabile, pensando soprattutto al mondo che lasceremo alle prossime generazioni. Ci sono molte forze intatte nelle pieghe delle società in cammino. Ed è a quelle che è necessario rivolgersi, contribuendo al risveglio corale, sinfonico, di una buona orchestra da camera. Non dimentico che in Germania, a Salzburg c'è ancora il glorioso Mozarteum.
Di fronte ai fenomeni storici, e alle vestigia del passato, sono possibili due ordini di reazioni.
Una è di condanna. Troppe guerre, conflitti, violenza assassini, ingiustizie, orrori. Milioni, se non miliardi di morti, ci sono di monito dall'aldila'.
L'altra è di profondo rispetto. Lo dobbiamo ai nostri caduti. Sono il corpo sacro della storia. Quanto sapere è stato necessario per giungere fino ad oggi. Sacrifici eroici. Vittime immolate per la libertà. Questa è l'essenza nobile dell'uomo. Senza questa semenza che appartiene al nostro DNA, cosa saremmo? Cosa potremmo dire a quel gruppo di ebrei, Albert Einstein, Hannah Arendt, e tutti gli ebrei di cui il vostro podcast ha scandito il nome. Onore a quelle persone. Alcuni fuggirono in America per scampare ai lager nazisti, quando ancora l'America era un rifugio abbastanza sicuro. Coloro che condannarono Rabin e lo stato neofascista dell'Irgun che andava delineandosi in Israele. E si pronunciarono contro la bomba atomica. In Gran Bretagna fu Bertrand Russel fra gli altri a dirsi contro. Un filosofo. Questi ebrei hanno ancora molto da insegnarci. Su di loro il giudizio della storia e di generazioni attuali di sinceri democratici, e dei loro figli, dovranno conservare un giudizio netto. Non inficiato da contro narrazioni.
La bomba H la volevano anche i tedeschi delle SS e Hitler. Per fortuna non ce la fecero. Oggi la Germania ce l'ha. E anche la Francia, dietro Emmanuel Macron c'è Marine Le Pen. Che nonostante le accuse di corruzione continua a manovrare dietro le quinte le Ressemblement National, per farlo giungere al potere.
Questi sono i 'volonterosi'. Fino ad ora nemmeno Papa Leone XIV finora ha potuto nulla, pur essendo già molto chiaro sulla necessità irrinunciabile della pace.
Ricordiamo i caduti giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Dopo l' operazione Manhattan. E l'improvvida adesione a quel progetto delle nazioni che firmarono l'accordo per la guerra dopo Pearl Harbour. La Società delle Nazioni, poi divenuta ONU, ratifico'. Un cattivo inizio. Che ha portato male. Non è questione di superstizione. Gli uomini commettono errori. Sono essi stessi ospiti del male. Un bilanciamento è possibile se la coscienza non muore. Se elegge il bene comune a faro della vita. Guida verso un porto di pace mondiale.
La cultura può molto. Non è un caso se il primo attacco dei totalitarismi, di qualsiasi bandiera, si rivolge contro i suoi rappresentanti. L'obiettivo cui tendere è sempre e ancora quella saldatura delle forze più sane di una società. Rappresentanze della forza lavoro, intellettuali, giovani, donne. I bambini e i loro insegnanti. A Gaza hanno chiuso le scuole. Lo stesso hanno fatto i Talebani in Afghanistan. In Israele i ragazzi imparano una versione parziale della storia. Pensata come mezzo di irreggimentazione. Una nazione non può reggersi sulla guerra dal 14 aprile del 1948. Anno della fondazione del 'focolare ebraico" voluto dai britannici di Balfour.
Vanno fermati. A tutti i costi.
Buon lavoro alla redazione di Krysis per il suo specifico e puntuale contributo.
Margherita Ferrara